Ex Ilva: settimana cruciale tra decarbonizzazione e allarme sindacale
Di Salvatore Stano
ROMA (EN24) La settimana in corso si preannuncia decisiva per il futuro dell’ex Ilva, con il Governo impegnato in una serie di incontri volti a delineare le prossime mosse per gli stabilimenti siderurgici di Taranto e Genova. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha avviato un confronto a più voci, dialogando telefonicamente con l’Arcivescovo di Taranto, Monsignor Ciro Miniero, e con l’Arcivescovo Metropolita di Genova, Monsignor Marco Tasca. Questi colloqui, definiti “lunghi e cordiali”, si inseriscono in un percorso che ha visto Urso confrontarsi anche con il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Al centro dei colloqui con le autorità ecclesiastiche, Urso ha illustrato il piano di decarbonizzazione già presentato agli enti locali. Tale piano, ambizioso, pone l’accento sui più alti standard di sicurezza sanitaria e ambientale, con l’obiettivo primario di mantenere gli attuali livelli occupazionali. Un’iniziativa che cerca di conciliare le esigenze produttive con le impellenti questioni ambientali e sociali che da anni affliggono il polo siderurgico.
Nonostante gli sforzi del Governo, il fronte sindacale lancia un chiaro allarme: “senza continuità produttiva non potrà esserci nessuna decarbonizzazione“. Fim, Fiom e Uilm, in un comunicato congiunto, esprimono profonde preoccupazioni circa la sopravvivenza degli impianti, oggi gravemente compromessa. La situazione critica, evidenziata dall’incidente all’Altoforno 1, dalla mancata ripartenza dell’Afo2 e dai problemi all’Afo4, viene attribuita alla precedente gestione e all’assenza di un piano finanziario credibile.
La domanda che i sindacati pongono è pressante: come evitare il collasso definitivo? “Serve un intervento dello Stato per mettere in sicurezza gli impianti e garantire una marcia sostenibile, in particolare su altiforni e acciaierie”, scrivono i sindacati. L’Accordo di programma e il processo di decarbonizzazione, sottolineano, non possono prescindere da una produzione stabile. Viene giudicato insufficiente lo stanziamento di 200 milioni previsto dal decreto in fase di conversione, cifra che secondo le sigle sindacali non sarebbe sufficiente a rimettere in moto gli impianti e ad avviare un percorso credibile verso l’obiettivo delle sei milioni di tonnellate annue fissato per il 2026. La preoccupazione è che si “basi tutto sulla speranza che l’unico altoforno in funzione non si fermi irrimediabilmente“.
Oggi è previsto un cruciale incontro al Mimit con le organizzazioni sindacali, a cui parteciperanno il Ministro Urso e la Ministra del Lavoro, Marina Calderone, per fare il punto sulla crisi. L’esame formale della richiesta di cassa integrazione straordinaria, che riguarda 4.050 dipendenti (di cui 3.500 solo a Taranto), è già stato posticipato al 14 luglio. “Dopo 13 anni di sacrifici – avvertono Fim, Fiom e Uilm – non accetteremo una nuova crisi ambientale, sociale e occupazionale. La decarbonizzazione deve partire da Taranto, ma servono basi solide, a partire dall’intervento dello Stato per consentire la continuità produttiva”.
A complicare ulteriormente il quadro, il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha ribadito che l’adesione all’Accordo di programma sarà condizionata: “Sì all’accordo, ma alle nostre condizioni“. Questa posizione aggiunge un ulteriore elemento di negoziazione in una settimana che si preannuncia fondamentale per il destino dell’ex Ilva e di migliaia di lavoratori.
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