Leone XIV: con umiltà e coraggio affidiamo i nostri errori alla misericordia di Dio

All’Angelus il Pontefice si sofferma sul Vangelo del giorno, che narra la parabola del fariseo e del pubblicano in preghiera nel Tempio. Il primo esalta i suoi meriti, ma nasconde i suoi veri peccati, il secondo, invece, si presenta con coraggio al Signore per com’è. “Se facciamo anche noi come il pubblicano, il Regno crescerà, in noi e attorno a noi”

Daniele Piccini – Città del Vaticano

Non è ostentando i propri meriti che ci si salva, né nascondendo i propri errori, ma presentandosi onestamente, così come siamo, davanti a Dio, a sé stessi e agli altri, chiedendo perdono e affidandosi alla grazia del Signore.

In questo modo Papa Leone XIV, durante la preghiera dell’Angelus, dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, sintetizza il messaggio contenuto nella parabola del fariseo e del pubblicano che pregano nel Tempio. Gesù la racconta in un brano del Vangelo secondo Luca, letto durante la liturgia di oggi, domenica 26 ottobre.

LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELL’ANGELUS DI PAPA LEONE XIV

L’arroganza del fariseo

Il fariseo, spiega il Pontefice, fa “un lungo elenco di meriti”, di tutte le “opere buone che compie”. “Si sente migliore degli altri, che giudica in modo sprezzante. Il suo atteggiamento è chiaramente presuntuoso”. La sua è “un’osservanza della Legge esatta, sì, ma povera d’amore, priva di misericordia”, aggiunge il Papa.

I fedeli in piazza San Pietro per ascoltare la preghiera dell'Angelus del Papa.

I fedeli in piazza San Pietro per ascoltare la preghiera dell’Angelus del Papa. (@VATICAN MEDIA)

Il pubblicano “giustificato”

Ancheil pubblicano, “esattore al soldo dell’Impero romano”, sta pregando, ma in modo completamente diverso. “Ha tanto da farsi perdonare”, argomenta Leone XIV. Il suo lavoro, infatti, “gli permette di speculare sui proventi” delle imposte, “a scapito dei suoi stessi connazionali”. Eppure, spiega il Vescovo di Roma ripetendo le parole di Gesù, torna a casa “giustificato” dopo aver pregato, ossia “perdonato e rinnovato dall’incontro con Dio”. Questo accade perché “il pubblicano ha il coraggio e l’umiltà di presentarsi davanti a Dio, non si rassegna al male che ha fatto”.

Mostrare le ferite al “medico”

Il Pontefice cita, poi, sant’Agostino che, nel Discorso 351, ha approfondito il significato della parabola paragonando “il fariseo a un malato che, per vergogna e orgoglio, nasconde al medico le sue piaghe”. Il pubblicano invece, “con umiltà e saggezza, mette a nudo davanti al dottore le proprie ferite, per quanto brutte a vedersi, chiedendo aiuto”. “Facciamo così anche noi”, esorta il Papa.

Non abbiamo paura di riconoscere i nostri errori, di metterli a nudo assumendocene la responsabilità e affidandoli alla misericordia di Dio.

In questo modo, il Regno di Dio, “che non appartiene ai superbi, ma agli umili”, potrà “crescere in noi e intorno a noi”, conclude il Pontefice, che infine invita a invocare l’aiuto di Maria, “modello di santità”, che può aiutarci a “crescere in queste virtù”.

I fedeli con gli striscioni delle loro diocesi o associazioni.

I fedeli con gli striscioni delle loro diocesi o associazioni. (@VATICAN MEDIA)

 

 

 

fonte: VATICA NEWS

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