Leone XIV in Libano: siate operatori di pace, uniti per superare ferite e ingiustizie

Alle autorità del “Paese dei cedri”, l’incoraggiamento per un popolo che tanto ha sofferto e per il quale la pace “è un cantiere sempre aperto”. Il Papa torna sulle “ripercussioni devastanti” dell’instabilità globale, causa di emigrazione per tanti libanesi. Serve una “guarigione della memoria”, istituzioni che riconoscano il primato del bene comune, valorizzino le donne. Poi l’invito a tutte le componenti religiose e civili: sensibilizzino la comunità internazionale per dare futuro ai giovani

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“Qui la pace è un desiderio e una vocazione, è un dono e un cantiere sempre aperto”

Alcune immagini del Papa al palazzo presidenziale

Far risuonare la lingua della speranza

Restare uniti: è l’altra indicazione su cui sta insistendo il Papa nel corso del suo primo viaggio apostolico. La ripete ai libanesi oggi, persone che ce l’hanno nel dna, in realtà, ma rischia di indebolirsi a fronte della consistente diaspora a cui sono stati costretti, e lo sono tuttora, per fuggire da condizioni di vita precarie. Da qui l’appello:

Vi incoraggio pertanto a non separarvi mai dalla vostra gente e a porvi al servizio del vostro popolo – così ricco nella sua varietà – con impegno e dedizione. Possiate tutti far risuonare una sola lingua: la lingua della speranza che fa convergere tutti nel coraggio di ricominciare sempre di nuovo. Il desiderio di vivere e di crescere insieme, come popolo, faccia di ogni gruppo la voce di una polifonia.

Servono istituzioni fondate sul bene comune

Serve impegnarsi per “una guarigione della memoria”, afferma ancora il Papa, che fa riferimento alla necessità di “un avvicinamento tra chi ha subito torti e ingiustizie”. Senza questa disposizione, spiega, “difficilmente si va verso la pace”. E il risultato è che “si resta fermi, prigionieri ognuno del suo dolore e delle sue ragioni”. Per ovviare a questo infecondo avvitamento su se stessi, Leone approfondisce il ruolo della leadership e precisa:

[…] Verità e riconciliazione crescono sempre insieme: sia in una famiglia, sia tra le diverse comunità e le varie anime di un Paese, sia tra le Nazioni. Allo stesso tempo, non c’è riconciliazione duratura senza un traguardo comune, senza un’apertura verso un futuro, nel quale il bene prevalga sul male subito o inflitto nel passato o nel presente. Una cultura della riconciliazione, perciò, non nasce solo dal basso, dalla disponibilità e dal coraggio di alcuni, ma ha bisogno di autorità e istituzioni che riconoscano il bene comune superiore a quello di parte.

Il Papa e il presidente della Repubblica libanese

Il Papa e il presidente della Repubblica libanese (@Vatican Media)

La pace è molto più di un equilibrio

Vivere da persone riconciliate è una condizione ma anche metodo, suggerisce il Successore di Pietro: perché si tratta di impegnarsi a lavorare ogni giorno insieme per garantire alla collettività un futuro di benessere. È quel “fianco a fianco” di cui non spaventarsi ma da ricercare, insiste il Papa, e che diventa moltiplicatore di impegno e speranza, nella consapevolezza che Dio desidera per ciascuno una vita “piena”.

[…] il nostro orizzonte si allarga oltre ogni recinto e barriera. A volte si pensa che, prima di compiere qualsiasi passo, occorra chiarire tutto, risolvere tutto, invece è il confronto reciproco, anche nelle incomprensioni, la strada che porta verso la riconciliazione.

La mobilità umana è opportunità ma non cancella i legami

Sperimentare vie di fuga da situazioni troppo cariche di violenza e incertezza è, secondo il Papa, comprensibile ma non del tutto utile alla costruzione della pace. “La Chiesa, infatti – ricorda -, non è soltanto preoccupata della dignità di coloro che si muovono verso Paesi diversi dal proprio, ma vuole che nessuno sia costretto a partire e che chiunque lo desideri possa in sicurezza ritornare”. E qui cita le parole del predecessore Francesco nella Fratelli tutti, in cui egli rimarcava la inseparabilità tra la dimensione globale della fraternità universale e quella locale dell’amicizia sociale. L’anelito verso l’esterno, insomma, deve essere contemperato al desiderio di non sopprimere le proprie radici. Più precisamente, Leone:

Occorre certamente riconoscere che molto di positivo arriva a tutti voi dai Libanesi sparsi nel mondo. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che restare presso i suoi e collaborare giorno per giorno allo sviluppo della civiltà dell’amore e della pace, rimane qualcosa di molto apprezzabile.

L’emorragia di giovani

Di fronte all’esodo di tante energie giovani e competenti, il Pontefice incoraggia a trovare modi, in uno spirito sinergico tra cristiani, musulmani, insieme a tutte le componenti religiose e civili della società libanese, per riaccendere le motivazioni a restare nel Paese. tutti “sono chiamati a fare la loro parte in questo senso – afferma – e ad impegnarsi a sensibilizzare in merito la comunità internazionale”.

[…] la pace cresce sempre in un contesto vitale concreto, fatto di legami geografici, storici e spirituali. Occorre incoraggiare coloro che li favoriscono e se ne nutrono, e non cedono a localismi e nazionalismi.

La firma del Libro d'Onore

La firma del Libro d’Onore (@Vatican Media)

Il ruolo delle donne per custodire e costruire la pace

E, come ha fatto già in Turchia, dinanzi alle autorità riunite ad Ankara, Leone torna ad esaltare il contributo “paziente” delle donne nel tessere reti di amicizia sociale e di contribuire fattivamente e con creatività alla pace.

La loro partecipazione alla vita sociale e politica, così come a quella delle proprie comunità religiose, similmente all’energia che viene dai giovani, rappresenta in tutto il mondo un fattore di vero rinnovamento.

La pace è un dono di Dio

È la sensibilità musicale, infine, tipica di questo popolo, a suggerire al Papa un’ulteriore chiave per sottolineare che è tempo di fare spazio alla letizia, lasciando che sia lo Spirito ad agire per completare l’opera: la pace, infatti, è “un cammino mosso dallo Spirito, che mette il cuore in ascolto e lo rende più attento e rispettoso verso l’altro”. Ne scaturiranno frutti di gioia e comunione:

[…] la pace non è soltanto il risultato di un impegno umano, per quanto necessario: la pace è un dono che viene da Dio e che, innanzitutto, abita il nostro cuore. È come un movimento interiore che si riversa verso l’esterno, abilitandoci a lasciarci guidare da una melodia più grande di noi stessi, quella dell’amore divino.

Il coro di bambini

Il coro di bambini (@Vatican Media)

 

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