
di Marco Musiello
Siamo immersi in un’epoca in cui la ricerca del risalto della propria immagine è diventata una vera e propria ossessione. Il desiderio di essere visti, di avere un ruolo centrale, si manifesta in ogni ambito della vita, dal lavoro ai social network. Il protagonismo e la visibilità non sono più un privilegio di pochi, ma un obiettivo perseguito da molti, e la tecnologia ha reso questo traguardo più accessibile che mai.
La visibilità oggi non è semplicemente un modo per farsi conoscere, ma rappresenta la proiezione di un’identità attentamente costruita. Ognuno di noi, in questa incessante ricerca, diventa un po’ un regista della propria vita, scegliendo quali aspetti mostrare e quali nascondere. Questo processo, apparentemente innocuo, spinge molti a imboccare una traiettoria che ha come unico punto di arrivo il protagonismo.
Il protagonismo, in questo contesto, diventa uno strumento facile da usare. Un mezzo per ottenere approvazione, successo e, in molti casi, un senso di identità. Ma questa ricerca costante porta a un rovescio della medaglia: nel momento in cui utilizziamo la nostra personalità per ottenere visibilità, rischiamo di perdere di vista chi siamo veramente. La nostra immagine pubblica, plasmata per piacere agli altri, può finire per non rappresentarci più, trasmettendo un messaggio sbagliato su noi stessi.
L’immagine come strumento e notizia
La nostra immagine, una volta diventata strumento di ricerca del risalto, ha il potere di suscitare clamore. Come una notizia, può catturare l’attenzione del pubblico, esaltando un modello che abbiamo creato per noi stessi. Ma cosa succede quando la notizia si spegne o quando l’immagine non è più in grado di suscitare interesse?
In un mondo dove l’apparenza domina, è essenziale riflettere su cosa stiamo proiettando e perché. La ricerca del protagonismo non è di per sé un male, ma quando diventa l’unico fine, rischiamo di svuotarci, scambiando la nostra vera identità con la sua proiezione. Forse il vero successo non sta nel risalto che otteniamo, ma nel riuscire a costruire un’immagine che sia autentica, in grado di comunicare non solo chi vogliamo essere, ma chi siamo davvero.
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