Meloni sul Tricolore a Merano: «Non è un ornamento ma il simbolo dell’unità»

Il papà della sindaca di Merano Zeller: non è anti italiana, è una femminista

di Cesare Zapperi, inviato a Bolzano

 «Il Tricolore non è un ornamento. È il simbolo vivo dell’unità nazionale, della nostra storia e dei valori fondanti della Repubblica». Senza un attacco diretto alla protagonista ma con un richiamo inequivocabile, anche Giorgia Meloni prende le distanze dal rifiuto di indossare la fascia con i colori della bandiera nazionale da parte della neosindaca di Merano Katharina Zeller. La premier affida ai social il suo pensiero. Il Tricolore, ricorda, «porta con sé il sacrificio di chi ha costruito la nostra libertà e la responsabilità di chi oggi è chiamato a rappresentare e servire l’Italia. Onorare il Tricolore significa onorare la Patria, con rispetto, dedizione e orgoglio. Sempre».

Parole che arrivano anche a casa Zeller dove si cerca di «ridimensionare» lo scandalo. «Katharina è molto femminista, come la madre. Ha reagito d’istinto a quella che ha ritenuto una prepotenza maschilista dell’ex sindaco Dal Medico». Più che l’ideologia, il sentimento anti italiano, potè il (cattivo) carattere. Così dice papà Karl, deputato per cinque legislature e senatore per un’altra, ovviamente sotto l’egida della Südtiroler Volkspartei, il partito di famiglia, in tutti i sensi visto che la madre della neosindaca è la senatrice Julia Unterberger.

«Mia figlia non vuole che parli di lei» chiude subito ogni discorso la mamma. Perché sa quanto Katharina abbia sempre voluto tenersi lontana, visti i genitori (oggi separati), dalla nomea di figlia d’arte. Il papà non si scompone e prova a raccontare, ricordando anche i diversi fidanzati italiani della primogenita, come dietro il gesto incriminato non c’è un sentimento anti italiano ma una reazione, istintiva e un po’ scomposta, figlia anche di un rapporto dialettico con il suo predecessore (di cui lei era la vicesindaca) che «l’ha trattata come una ragazzina. Sapeva che avrebbe reagito e l’ha provocata». Ne è uscito quel rifiuto così plateale che è stato lo stesso padre a consigliare di uscire subito con un comunicato di spiegazione e di scuse. «E di solito — ammette Karl Zeller — se io le dico di fare una cosa, lei fa il contrario».

Una donna forte, Katharina: 39 anni, una figlia di poco più di un anno, si è laureata in Giurisprudenza alla Luiss di Roma e poi ha intrapreso la professione di avvocata. Ma proprio agli anni romani torna il padre per un ricordo che spiega come la neosindaca fosse una predestinata (al di là del Dna perché anche il nonno è stato un esponente della Svp): «La sera andavo a cena con i colleghi politici. Era molto giovane in quella compagnia ma veniva volentieri. Si sentiva già a suo agio in mezzo a quei discorsi».

La stagione romana è rimasta nel cuore di Katharina per un’altra passione che ha coltivato con grande impegno: la danza swing, di cui è diventata insegnante gestendo una scuola, la Swing Fever, che l’ha portata in giro per il mondo. Ma sotto la cenere ha sempre covato l’interesse per la politica. A Merano con un gruppo di giovani ha ricostruito la sezione della Svp che aveva accusato pesanti battute d’arresto (fino all’elezione del sindaco «italiano» Dario Dal Medico). Il tutto all’insegna del superamento degli steccati etnici. Su queste basi è riuscita, per la prima volta dal Dopoguerra, ad affiancare alla Svp una lista civica italiana fin dal primo turno. È arrivata la vittoria, grazie anche all’appoggio del Pd. Ma quel gesto ha rovinato (quasi) tutto. Katharina si è scusata e dice che dimostrerà che non è contro gli italiani. Il carattere non le manca, la sfida è aperta.

 

FONTE CORRIERE DELLA SERA

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