L’eurodeputato ufficializza la candidatura e lancia il diktat contro Michele e Nichi. «Voglio essere libero di governare». Da Roma Taruffi plaude alla scelta
«Sono pronto a candidarmi alla presidenza della Regione Puglia. Ma voglio essere libero». Dopo di che, il boato. Antonio Decaro ufficializza attraverso i social l’intenzione di candidarsi presidente per il centrosinistra alle prossime Regionali, ma al tempo stesso impartisce il crisma dell’ufficialità anche al problema che strangola il Partito democratico da mesi: lo farà solo se nelle liste non ci saranno Michele Emiliano e Nichi Vendola. Sceglie di mettere tutto sul tavolo, con chiarezza: «Per candidarmi devo sapere di poter guidare la Regione davvero, con piena libertà, guardando avanti e non indietro – spiega -, con il coraggio e la responsabilità di scrivere una pagina nuova. A Michele Emiliano e a Nichi Vendola (qui l’intervista dell’ex governatore, ndr) mi legano stima e affetto sinceri, oltre che una storia comune di cui sono orgoglioso e che non rinnego. Ma io voglio essere un presidente libero, capace di assumermi fino in fondo la responsabilità delle scelte. Non voglio essere ostaggio delle decisioni di chi mi ha preceduto. La Puglia non ha bisogno di un presidente a metà». Poi la conclusione: «So bene che nessuno è indispensabile a cominciare da me. Se non ci saranno le condizioni per tornare in Puglia, continuerò a lavorare in Europa, per la mia terra, sostenendo lealmente il candidato progressista alla guida della Regione».
L’effetto che il post ha avuto nel giro di pochi minuti è pari ad una bomba che deflagra nel partito. Ma perché si arriva a questo? Per una serie di eventi concatenati che è bene ripercorrere: martedì scorso la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein ha inviato a Bari il suo vice, Igor Taruffi, per tentare di rimettere in carreggiata quanto meno il dialogo. Cosa che sembrava riuscita. Tant’è che Decaro era apparso positivo al punto da dichiarare che «troveremo le condizioni per andare avanti insieme e uniti» e cercare con Emiliano un’occasione pubblica per mostrarsi in armonia.
Il tutto non è durato nemmeno 48 ore. Il punto di rottura sono state le ripetute dichiarazioni di Emiliano sul fatto che candidarsi «è un diritto costituzionale», e di Vendola che sul Corriere della Sera ha ribadito che i diktat non possono valere in casa d’altri. Fine dell’armistizio. Il cerino ora, inevitabilmente, torna nelle mani di Schlein. E Taruffi è intervenuto: «La disponibilità manifestata da Decaro è proprio quello che speravamo. Siamo al lavoro per costruire la coalizione più inclusiva e plurale per vincere. Da questo punto di vista, chiediamo a tutti, a partire da chi ha svolto ruoli di maggiore responsabilità di mettere in campo generosità».
Non può che essere il Nazareno ad arbitrare la partita e dare il triplo fischio finale. Tanto più perché, secondo dirigenti del partito, si potrebbe riaprire l’anno prossimo la partita per la segreteria nazionale e un Decaro non impegnato in Regione potrebbe essere un rischio per la stessa segretaria. In Puglia, intanto, si racconta di chat whatsapp impazzite: nei gruppi Pd ci si azzuffa per sostenere l’una o l’altra parte. Sui social non accade nulla di differente. Il contatore dei like e dei commenti al post di Antonio Decaro cresce di ora in ora, l’opinione pubblica sembra sostenere la posizione dell’ex sindaco di Bari (effetto voluto). Nel partito è tutt’altra storia. Anzitutto l’area “emilianista” appare stordita. «Non capiamo perché lo strappo e perché ora» insistono col dire non aggiungendo altro. Si spinge un po’ più in là il deputato dem Ubaldo Pagano che definisce la posizione di Decaro «un errore. Il Pd – spiega – è inutilmente dilaniato in questo stress che nessuno di noi avrebbe voluto». Piuttosto, suggerisce Pagano «si convochi il Partito, si scelga insieme il da farsi. Anche sui candidati nelle liste. Non passi l’idea che uno sceglie per tutti».
«Se sono preoccupato? Sì – confida un maggiorente del partito -, lo siamo tutti moltissimo. Siamo alla strada di non ritorno, la frattura è insanabile». Dal Salento il consigliere regionale Sergio Blasi si dice dalla parte di Decaro, fa di più il segretario provinciale del Pd, Luciano Marrocco: «Penso – dice – che Emiliano non debba candidarsi». La presa di posizione di Decaro ha spiazzato anche Nichi Vendola. Per tutta la giornata Sinistra Italiana si è chiusa in conclave. Al termine il segretario regionale Mino Di Lernia ribadisce, seppur con moderazione, la posizione già espressa: «Legittimo guardare avanti e non indietro. Qui e ora Vendola è il presidente di Sinistra Italiana, non è in alcun modo la continuità. Utile sarebbe scindere i problemi e farlo con le forze politiche. Confronto che auspichiamo avvenga nei prossimi giorni». Nel punto debole dei competitor infila il coltello Fratelli d’Italia. Per il senatore Filippo Melchiorre «le parole di Decaro sembrano quelle di un esponente del centrodestra: dice di non voler essere ostaggio delle decisioni di chi lo ha preceduto! La realtà è diversa: in quei meccanismi e in quelle decisioni c’era dentro fino al collo, condividendo tutte le scelte strategiche di quel sistema. Il post appare più come una trovata comunicativa della sua agenzia».
FONTE: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
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