Taranto: Altoforno sequestrato, indagini in corso e il futuro dell’ex Ilva in bilico

Il Ministro Urso (Foto Studio R. Ingenito)

L’incendio all’impianto riapre ferite nel tessuto industriale e sociale, mentre il governo teme ripercussioni sulla trattativa con Baku Steel e sul livello occupazionale.

di Redazione

Un nuovo, preoccupante capitolo si apre nella complessa vicenda dell’ex Ilva di Taranto. La Procura ha disposto il sequestro probatorio dell’altoforno 1 in seguito all’incendio divampato lo scorso 7 maggio, un evento che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di tre figure apicali di Acciaierie d’Italia in As: il direttore generale Maurizio Saitta, il direttore dello stabilimento Benedetto Valli e il direttore dell’area altoforni Arcangelo De Biasi. Le ipotesi di reato formulate dal pubblico ministero Francesco Ciardo sono gravi: omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose.

Mentre la struttura legale dell’azienda prepara le contromosse per ottenere la revoca del sequestro, la situazione operativa dello stabilimento si fa critica. Attualmente, è in funzione solamente l’altoforno numero 4, in attesa del ripristino del numero 2. Circa 70 lavoratori sono stati temporaneamente destinati ad attività di formazione, ma lo spettro di un aumento della cassa integrazione si fa sempre più concreto, alimentando la preoccupazione dei sindacati.

A gettare un’ombra ancora più lunga sulla vicenda è il delicato negoziato in corso per la vendita del gruppo siderurgico agli azeri di Baku Steel. Il sequestro dell’altoforno 1 rischia seriamente di compromettere la trattativa, come ha sottolineato con allarme il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Se il sequestro dell’Altoforno prevederà anche l’inibizione all’uso, dovremo necessariamente prevedere un forte numero di lavoratori in cassa integrazione con la riduzione significativa della produzione”, ha dichiarato il ministro a margine dell’inaugurazione del Tecnopolo Mediterraneo a Taranto.

Ma l’allarme di Urso non si ferma qui. Il timore più grande è che il provvedimento possa inibire anche la manutenzione degli impianti, interventi urgenti per garantire il futuro dell’altoforno. “Se il provvedimento inibirà anche la manutenzione degli impianti che deve essere effettuata nelle prossime ore, compromettendo per sempre il ripristino dell’altoforno, potete immaginare quali possono essere le conseguenze. È chiaro che se qui si crea un’altra Bagnoli finirà come a Bagnoli”, ha ammonito il ministro, evocando lo spettro della deindustrializzazione e del degrado.

Nonostante le nubi che si addensano sul futuro dell’acciaieria, Taranto guarda anche al futuro con l’inaugurazione del Tecnopolo Mediterraneo. Proprio in questa occasione, il ministro Urso ha voluto sottolineare come questo nuovo polo tecnologico possa rappresentare un’opportunità per accompagnare la transizione ambientale del territorio, coniugando green e imprese, salute e lavoro. “Questo tassello era decisivo nel percorso verso la piena decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico, così da poter diventare, esso sì, un modello di transizione ambientale e nel contempo un polo di sviluppo per le altre imprese che si insedieranno a breve a Taranto”, ha spiegato Urso, delineando una visione di rinascita industriale sostenibile per la città.

Resta ora da capire quali saranno le decisioni della magistratura e come evolverà il negoziato con Baku Steel. Il futuro dell’ex Ilva, e di una parte importante del tessuto economico e sociale di Taranto, è appeso a un filo sottile, tra la necessità di fare luce sull’incidente e la cruciale importanza di garantire la continuità produttiva e occupazionale.

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