Taranto, il futuro dell’Ex Ilva si gioca sul rigassificatore e la decarbonizzazione. L’On. Dario Iaia: “Servono responsabilità e realismo”

La svolta epocale verso il DRI e la transizione energetica si scontra con il nodo infrastrutturale e le profonde divisioni politiche. Taranto e Genova in un braccio di ferro per la siderurgia italiana

dal nostro inviato Salvatore Stano

ROMA (EN24) Il destino dell’ex Ilva di Taranto, il polo siderurgico più grande d’Europa, si gioca in questi giorni su un filo sottile, intessuto di ambizioni di decarbonizzazione, necessità energetiche impellenti e un’ormai cronica contrapposizione tra salute, ambiente e lavoro. La prossima settimana si preannuncia decisiva, con incontri cruciali tra Governo, sindacati e amministrazioni locali pugliesi. Al centro del dibattito, la proposta del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: un rigassificatore nel porto di Taranto, infrastruttura ritenuta strategica per l’avvio del polo del DRI (Direct Reduced Iron), il preridotto fondamentale per la produzione di acciaio decarbonizzato. Senza di esso, Taranto rischia di perdere il “cuore pulsante” della sua siderurgia, con la minaccia esplicita di un trasferimento altrove, in primis a Genova.

Ferro ridotto direttamente

Il ferro ridotto direttamente (DRI), noto anche come ferro spugnoso, è un prodotto della riduzione diretta del minerale di ferro in varie forme

Il Dilemma del Rigassificatore: Taranto contro Genova, un Conflitto di priorità

Il Ministro Urso è stato categorico: l’Accordo di Programma per l’ex Ilva, che mira a una svolta epocale verso una produzione di acciaio più sostenibile, è strettamente legato alla realizzazione del rigassificatore. “Se decidono di non poter sostenere sul piano politico una nave rigassificatrice nel porto – ha dichiarato Urso riferendosi alle amministrazioni pugliesi – ne trarremo le conclusioni. Ovviamente lo sviluppo del polo del Dri previsto per Taranto, in mancanza dell’approvvigionamento del gas che è assolutamente fondamentale, sarà realizzato laddove ci saranno le condizioni“. Un monito chiaro, che mette Taranto di fronte a una scelta drammatica.

La Regione Puglia, per voce del suo Presidente Michele Emiliano, ha già espresso una posizione netta: no al rigassificatore nel porto, a meno che non siano garantite condizioni di sicurezza e localizzazione lontana, sull’esempio di Ravenna. A questo si aggiungono le richieste per un desalinizzatore senza sversamenti di salamoia in mare e l’implementazione di misure sociali concrete, tra cui nuove assunzioni nella sanità locale e la trasformazione dell’ospedale Santissima Annunziata in un IRCCS per le malattie da inquinamento, oltre a garanzie per la gestione degli esuberi.

Taranto: Emiliano apre a rigassificatore, Urso apprezza

Ravenna il progetto del rigassificatore già realizzato nel porto

Questa posizione rischia di innescare una vera e propria “guerra tra poveri“, come l’ha definita Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm. Taranto, da anni al centro di un tormentato dibattito tra lavoro e salvaguardia ambientale, si trova di fronte a un bivio: accettare un’infrastruttura contestata per preservare l’occupazione, o veder svanire la possibilità di una siderurgia green, con il rischio concreto di uno stabilimento fermo e difficilmente bonificabile. Genova, con la sua esperienza portuale e industriale, emerge come l’alternativa prospettata dal Governo, pronta ad accogliere il futuro della siderurgia italiana qualora Taranto dovesse rifiutare il rigassificatore.

Palombella (Uilm): “Acciaierie, la crisi danneggia tutti. Basta soldi a Mittal, salga lo Stato” - Il Secolo XIX

Rocco Palombella, segretario nazionale della Uilm

Il ricatto morale e la crisi siderurgica nazionale

L’atteggiamento del Ministro Urso è stato duramente criticato dall’opposizione. La senatrice Sabrina Licheri (M5S) ha parlato di un “ricatto immorale“, accusando il Governo di costringere Taranto a scegliere tra lavoro e salute, e di essere schiacciato sulle posizioni dei potenziali acquirenti, senza tenere conto dei comitati dei cittadini che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vittime. La Licheri ha ribadito il no del Comune all’installazione di un rigassificatore al largo delle coste tarantine e ha definito lo scenario proposto come “niente di nuovo: né strategia né sicurezza sul lavoro“. Secondo la senatrice pentastellata, il trasferimento di una parte della produzione a Genova in caso di mancata accettazione sarebbe “il segno di una totale inadeguatezza e superficialità di un ministro che va avanti a tentoni vendendo al miglior offerente il futuro di Taranto e della siderurgia italiana“.

La senatrice Sabrina Licheri (M5S)

La situazione dell’ex Ilva, e più in generale dell’industria siderurgica italiana, è il risultato di un decennio di declino e di scelte controverse. Dalla cacciata della famiglia Riva alla cancellazione dello scudo penale sotto il governo grillino, si sono susseguiti errori che hanno contribuito a indebolire lo stabilimento. Oggi, la produzione è quasi dimezzata rispetto agli anni Sessanta. Lo spegnimento dell’altoforno principale, gli interventi della magistratura, le mosse politiche di Michele Emiliano e il tema del rigassificatore, insieme allo sfilarsi del pretendente azero Baku Steel, sembrano aver dato il colpo di grazia. Se il piano di delocalizzazione di parte della produzione in Liguria (Genova, Novi Ligure e Cuneo) dovesse concretizzarsi, a Taranto resterebbe ben poco, se non una “mini Ilva” o, peggio, nulla, lasciando il Paese privo di una produzione strategica di acciaio e costringendo le grandi aziende, come quelle della Difesa, a rifornirsi all’estero.

La voce della responsabilità: l’appello dell’On. Dario Iaia

In questo contesto di profonda incertezza e accese polemiche, l’intervento di Dario Iaia, Deputato di Fratelli d’Italia e Segretario della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali e agroalimentari, emerge come un appello alla responsabilità e al realismo. Nel suo intervento su “Il Quotidiano di Puglia”, intitolato “Per l’ex Ilva svolta epocale ma la politica sia responsabile“, Iaia sottolinea la complessità della vicenda dell’ex Ilva, che da anni tiene in bilico salute, ambiente, produzione industriale, occupazione e sviluppo per Taranto e l’intero Paese.

L’On. Dario Iaia (foto di Roberto Russo)

Iaia ribadisce che la direzione da seguire è chiaramente quella di una produzione di acciaio decarbonizzata, senza l’uso di fonti fossili, un percorso già in atto in altre realtà internazionali attraverso l’uso di gas e, progressivamente, di idrogeno verde, con l’impiego del preridotto (DRI). Riconosce che questo obiettivo richiederà “tempo, risorse certe e una pianificazione realistica“, e in questa prospettiva inquadra la bozza di Accordo di Programma del Ministro Urso come un’opportunità.

Il deputato di Fratelli d’Italia riconosce che il Governo Meloni ha ereditato una situazione complessa, frutto di scelte passate, anche sbagliate. Tuttavia, evidenzia “importanti passi avanti grazie all’impegno dell’Esecutivo, dei Commissari straordinari, dei lavoratori diretti ed indiretti dell’ex Ilva, delle aziende fornitrici e dei sindacati, che hanno sempre dimostrato senso di responsabilità, evitando derive demagogiche e populiste“.

Il cuore dell’intervento di Iaia è un richiamo esplicito alla politica: “Ora, spetta alla politica dimostrare di essere all’altezza di questa sfida epocale, abbandonando posizioni ideologiche o integraliste che servono solo ad alimentare gli estremismi e a illudere l’opinione pubblica. Taranto ha già pagato un prezzo altissimo: non possiamo permetterci di tornare indietro.” Iaia invita a un dialogo basato su “realismo tecnico-scientifico e non su visioni astratte o slogan“, sottolineando che la transizione ecologica non può prescindere dalla sostenibilità sociale e occupazionale. La sua visione è quella di una “fabbrica pienamente ambientalizzata, integrata con il territorio, che non sacrifichi migliaia di posti di lavoro“. È un invito alla “maturità di una comunità“, chiamata a mettere da parte le bandiere di partito e a lavorare insieme per il bene comune.

Incontri cruciali e futuro incerto

La prossima settimana sarà, dunque, decisiva. Lunedì il Ministro Urso, d’intesa con il Ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone, incontrerà i sindacati. Seguirà martedì una “maratona istituzionale” al Mimit con tutte le amministrazioni pugliesi coinvolte nell’Accordo di programma, propedeutica alla conferenza dei servizi del 10 luglio, che dovrà ridefinire l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). L’obiettivo è ridefinire il delicato equilibrio tra continuità produttiva e sostenibilità, con la decarbonizzazione come trait d’union. Senza il rigassificatore, tuttavia, questo percorso non potrà avviarsi.

La crisi dell’ex Ilva è un sintomo di una più ampia fragilità del sistema industriale italiano, che si manifesta anche in altri settori strategici, da Piombino alla raffineria di Priolo, fino al caos di STMicroelectronics. L’Italia, nazione che ambisce a rimanere nel G7, si trova impreparata a fornire le basi per un rilancio industriale, rischiando di deindustrializzare l’intero Continente a causa anche di normative europee (come gli ETS e il CBAM) che, seppur apparentemente pro-ambiente, affossano l’industria pesante senza un quadro di insieme e una politica industriale unitaria. La necessità di una filiera integrata, come testimoniato dalle scelte di aziende come Fincantieri, è sempre più impellente.

cbam ets differenza

CBAM e ETS cosa sono

Il futuro di Taranto e dell’acciaio italiano resta appeso a un filo. Le prossime giornate diranno se prevarrà la logica della concretezza e del compromesso per il bene comune, come auspicato dall’On. Iaia, o se le divisioni ideologiche condanneranno l’ex Ilva a un irreversibile declino.

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