Trump schiera i marines: pronto il blitz contro Caracas

Video e manovre militari nei Caraibi alimentano le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela, mentre diplomazie si muovono dietro le quinte per una possibile trattativa

di Redazione

Le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela sono tornate a salire con una serie di operazioni militari e iniziative diplomatiche che fanno presagire un possibile intervento diretto. I marines statunitensi sono stati schierati nei Caraibi, con un’azione di soft power che mira a rafforzare la presenza militare e psicologica contro il governo di Caracas.

Un video diffuso dal Comando Sud degli Stati Uniti mostra veicoli anfibi, elicotteri e militari impegnati in simulazioni di sbarchi in territori nemici, accompagnato da un messaggio che sottolinea come le forze americane siano dispiegate nei Caraibi per combattere il narcotraffico e proteggere la nazione. La base navale Roosevelt Roads, nell’isola di Porto Rico – Stato libero associato degli Usa – è stata riattivata dopo oltre vent’anni, simbolo di una strategia di rafforzamento militare nella regione.

Mentre la portaerei Ford si avvicina al Mar dei Caraibi, continuano le operazioni contro le imbarcazioni ritenute legate al narcotraffico, con l’ultimo raid che ha provocato la morte di tre persone. Il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha dichiarato: «Questi narcoterroristi stanno portando droga sulle nostre coste per avvelenare gli americani, e non ci riusciranno. Il Dipartimento continuerà a rintracciarli, localizzarli e eliminarli, come facciamo con Al Qaeda».

Le azioni militari, ordinate da Donald Trump, hanno suscitato forti malumori tra i democratici al Congresso, con alcune defezioni anche tra i repubblicani. Tuttavia, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato che i raid continueranno, nonostante la scadenza della War Powers Resolution, che richiede l’approvazione parlamentare per operazioni militari oltre i 60 giorni. Dal 4 settembre si contano almeno 15 attacchi statunitensi con 64 morti.

Secondo la Casa Bianca, si tratta di un «conflitto armato non internazionale» volto a garantire la sicurezza nazionale contro i narcotrafficanti, una definizione che evita un diretto scontro con Russia, Cina, Iran e Cuba – alleati storici di Caracas. Mosca, infatti, ha ribadito il suo sostegno al governo venezuelano, fornendo armi e assistenza militare.

In questo clima di crescente tensione, si muovono anche le diplomazie. Dal Brasile, con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva che si è offerto di mediare, trapela l’indiscrezione secondo cui Nicolás Maduro sarebbe disposto a trattare con Washington. Secondo la rete Globo, il presidente venezuelano chiederebbe garanzie di amnistia per i membri dell’attuale governo e la partecipazione delle forze chaviste a un futuro governo di transizione.

Tuttavia, queste proposte sono state già respinte dall’opposizione, in particolare da María Corina Machado, premio Nobel per la Pace e vicina a Trump, che insiste su una transizione democratica senza Maduro e i suoi ministri. La crisi venezuelana, dunque, si mantiene ad alta tensione, tra operazioni militari statunitensi e trattative diplomatiche che potrebbero cambiare gli equilibri nella regione.

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