Forte accelerazione nella crisi ucraina: Zelensky si dice «pronto ad andare avanti con il piano di pace», e Trump manda Witkoff da Putin e assicura: «Siamo molto vicini a un accordo». Colloqui in corso ad Abu Dhabi, l’Ucraina accetta la riduzione dell’esercito a 800 mila effettivi
DALLA NOSTRA INVIATA
GINEVRA – Forte accelerazione della crisi ucraina e dei negoziati di pace. Secondo quanto riferiscono diversi media americani, gli ucraini avrebbero accettato la proposta dell’ultima bozza, così come uscita da Ginevra e contenuta nei 19 punti finali.
In quella formulazione, le questioni più importanti — i territori e le garanzie di sicurezza — devono essere decise da Trump e Zelensky in un successivo incontro di persona.
Su tutto il resto, però, l’Ucraina fa propria la proposta di Ginevra, incluso il tetto alle proprie forze armate, che sarà di 800 mila unità.
«Siamo pronti ad andare avanti con il piano di pace sostenuto dagli Stati Uniti», ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla coalizione dei volenterosi, mentre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto: «Penso che siamo molto vicini a un accordo. Vedremo, stiamo facendo progressi. Non è facile, ma penso ci arriveremo».
Su Truth il presidente americano ha successivamente spiegato che, nella speranza di finalizzare il piano, ha incaricato l’«inviato speciale Steve Witkoff di incontrare il presidente Putin a Mosca e, contemporaneamente, il
segretario dell’esercito Dan Driscoll incontrerà gli ucraini».
Sono giorni frenetici, in cui la diplomazia ha preso un passo molto veloce. E infatti, subito dopo Ginevra, parte delle delegazioni è volata ad Abu Dhabi, dove sono arrivati anche i russi. A guidare la delegazione americana, il segretario dell’esercito Dan Driscoll (un uomo vicino al presidente JD Vance), mentre per la parte ucraina ci sono sia Rustem Umerov, consigliere per la sicurezza nazionale – l’ufficiale di contatto ucraino mentre veniva preparato il «patto Witkoff-Dmitriev», da cui è partito tutto —, e Kyrylo Budanov, l’uomo dei servizi militari e ideatore delle più audaci azioni militari ucraine: sono le punte di diamante del team dei 9 negoziatori nominati da Zelensky.
A questo punto, se le notizie saranno confermate, la palla passa ai russi. Che sono rimasti a loro volta spiazzati dalla velocità occidentale e che sembrano dare una prima risposta negativa.
Mosca ha segnalato, attraverso il suo ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che potrebbe respingere un piano di pace statunitense modificato per porre fine alla guerra in Ucraina qualora non soddisfacesse le sue richieste di lunga data. In sostanza, nel caso in cui la proposta differisse dal «piano Dmitriev-Witkoff», che non è accettato dagli ucraini e che è stato ora già abbandonato anche dagli americani. Sebbene tutte le proposte successive — ossia quella uscita da Ginevra e ora ulteriormente discussa ad Abu Dhabi — si basino su quel testo, concordato dagli americani insieme ai russi.
Lavrov ha dichiarato martedì che, se il piano «cancellasse […] le intese chiave» che il presidente russo Vladimir Putin riteneva di aver raggiunto con il presidente americano Donald Trump nel vertice in Alaska, la «situazione sarebbe radicalmente diversa». La prima versione del piano (Witkoff-Dmitriev), secondo Lavrov, è stata «accolta favorevolmente» da Mosca.
«Dopo Anchorage (il vertice Trump-Putin in Alaska, ndr), quando ritenevamo che tali intese fossero già state formalizzate, c’è stata una lunga pausa. E ora la pausa è stata interrotta dall’introduzione di questo documento […] Un’intera serie di questioni, ovviamente, richiede chiarimenti», ha detto Lavrov.
La Russia è parte di questi nuovi negoziati ad Abu Dhabi. Non è chiaro in che formazione si siano presentati i russi, e non è neppure chiaro come si tengano le trattative. Presumibilmente — se sarà ripetuto il modello Ginevra — sono incontri bilaterali tra gli americani guidati da Driscoll e, di volta in volta, le due delegazioni russe e ucraina.
L’altro punto chiave da capire è quando si potranno incontrare Trump e Zelensky. Ancora ieri sera, il portavoce di Trump ha risposto a una domanda che nessun incontro è previsto. Oggi però gli ucraini hanno richiesto l’incontro e Umerov ha detto che spera si possa tenere nei prossimi giorni, «prima della fine di novembre».
Un grande osservatore, e parte in gioco, come il presidente finlandese Aleksander Stubb, ha scritto poche ore fa: «Ho avuto una telefonata con Zelensky e il segretario della Nato questa mattina. […] Il futuro dell’Ucraina deve deciderlo l’Ucraina, e la sicurezza europea la deve decidere l’Europa. Il lavoro tra Ucraina e Stati Uniti continua. I prossimi giorni saranno decisivi nei nostri sforzi per raggiungere una pace giusta e duratura».
Sono notizie frammentate, tanti chiedono cautela, a partire dal premier britannico Keir Starmer. Ma sembra che Ginevra abbia portato una svolta, che gli ucraini abbiano acconsentito a un piano Usa di massima (lasciando a Trump e Zelensky negoziare il resto, le questioni decisive). La mossa compete ora a Mosca, che dalle prime reazioni non è soddisfatta. Ma anche così, spetta a lei rigettare i primi, veri tentativi — e proposte scritte — di pace.
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Qui sotto riproponiamo l’esito dei colloqui di Ginevra e i punti che sono stati discussi.
DALLA NOSTRA INVIATA
GINEVRA – Come sono andati i colloqui di Ginevra, lo dice un post, uscito ieri nella tarda mattinata europea, di Donald Trump: «È possibile che si stiano facendo grandi progressi nei negoziati di pace tra Russia e Ucraina??? Non credeteci finché non lo vedete, ma potrebbe davvero star accadendo qualcosa di buono. DIO BENEDICA L’AMERICA».
Non è stato fumo negli occhi, non è stato un naufragio. Ma il primo passo della diplomazia, in un percorso che può bloccarsi a ogni istante, ma che potrebbe anche portare verso la pace in Ucraina dopo quasi quattro anni di guerra. I russi hanno già fatto sapere di non gradire. «Non c’è nulla di costruttivo» nel piano europeo, ha commentato ieri il consigliere per la politica estera di Putin, Yuri Ushakov.
Le delegazioni — quella americana, quella ucraina e le varie rappresentanze europee — hanno lasciato Ginevra di mattina. È tornato a Roma l’inviato italiano, l’ambasciatore Fabrizio Saggio. «Attendo un briefing completo entro sera», ha fatto sapere Zelensky. Dalla stanza sono usciti solo due fogli di carta: uno ce l’ha Marco Rubio, il segretario di Stato Usa, l’altro Andriy Yermak, il braccio destro di Zelensky, lambito dallo scandalo corruzione. E già questo dimostra sotto quale costrizione negozi l’Ucraina.
Qualcosa, però, di come sia andata — tra la missione Usa in collina e il sottostante hotel Intercontinental, sede di storici negoziati dove alloggiavano tutti — sta filtrando. I piani non sono più due, ma è un’unica bozza. Sono state recepite alcune varianti europee ed è a questo «framework» (quadro) che poggia sulle «fondamenta» dei 28 punti, per usare le parole di Rubio, che ora lavoreranno i negoziatori da casa.
Ne è nato un nuovo documento in 19 punti, molto emendato rispetto all’originale, come ha raccontato il viceministro degli Esteri ucraino, Sergiy Kyslytsya al Financial Times. Non c’è più un limite alle forze dell’esercito ucraino, per esempio. Alcuni capitoli sono stati stralciati. Altri messi tra parentesi quadre, come si definisce nel linguaggio diplomatico il testo che non è ancora concordato.
Si tratta dei punti più controversi, a partire dalle concessioni territoriali. Non c’è traccia neanche della questione dei fondi russi congelati, i 300 miliardi depositati nelle banche Ue che oppongono l’America all’Europa. È su questo punto, soprattutto, che vanno intese le parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz che ritiene che l’accordo «non si chiuderà questa settimana».
L’inizio dell’incontro alla missione Usa è stato molto teso. Gli americani hanno accusato gli ucraini di essere la fonte del leak dei «28 punti». Il piano Witkoff-Dmitriev, infatti, era stato comunicato a Zelensky 48 ore prima. Ed è buona regola della diplomazia, che la parte che vuol sabotare un progetto lo faccia trapelare alla stampa. «Le prime ore sono state totalmente… — ha detto Kyslitsya — appese a un filo», ci sono volute due ore a Yermak per placare gli animi.
Il Corriere può confermare che era presente nella delegazione americana — non ripreso nelle fotografie — il genero di Trump, Jared Kushner. Gli ucraini erano sorpresi. Ma è proprio lui, sta emergendo in queste ore, l’altro coautore del piano dei 28 punti, il Witkoff-Dmitriev. Ha incontrato l’uomo d’affari russo più volte a Miami nell’ultimo mese, dalla fine di ottobre. E così Gaza e l’Ucraina si saldano: hanno gli stessi «mediatori» e broker, entrambi vicini (in particolare Kushner, marito di Ivanka) al cuore di Trump.
La parte più dura è tutta da scrivere, ma ieri il sollievo è stato unanime. Meloni, Merz, il segretario della Nato Mark Rutte, hanno tutti espresso una cauta speranza. Però è da prendere molto seriamente il commento di Alexander Stubb, il presidente finlandese che a dispetto della grandezza del suo Paese (cinque milioni di abitanti) è uno dei pesi massimi quando si tratta dei rapporti con i russi. «Ho sentito Zelensky. I negoziati sono un passo avanti, ma ci sono ancora questioni maggiori che devono essere risolte. Qualsiasi decisione che rientra nell’ambito Ue o Nato sarà discussa dai membri Ue e Nato in discussioni separate».
Tutto quel che riguarda l’Europa — a meno di non delegare a Trump la sua dismissione e subalternità alle bizze imperiali della Russia — va ancora negoziato. Ed è Putin, ovviamente, il convitato di pietra al tavolo. Il piano è ufficialmente americano, sebbene scritto in collaborazione con i russi: ma che succede se Putin, invece di firmarlo, lo ritenesse solo un testo «di parte» e presentasse una sua controproposta? Formalmente è libero. E le risorse e la creatività della diplomazia russa sono infinite.
fonte: CORRIERE DELLA SERA

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