58 marinai morti, 600 feriti e numerose navi danneggiate. Una delle pagine più oscure e drammatiche della storia della Marina italiana, segnata da sacrifici e distruzione nel cuore del porto di Taranto.
di Redazione
TARANTO (EN24) – L’immagine della nave Cavour semisommersa nel Mar Grande, nella più importante base della Regia Marina, rimane indelebile nella memoria e nel cuore dei tarantini di ieri e di oggi. Era il 12 novembre 1940, una notte che passò alla storia come “la notte di Taranto”.
Quella sera, padri, figli e mariti, a bordo delle unità navali italiane ormeggiate alle boe e alle banchine del Mar Grande e del Mar Piccolo, si trovarono a fronteggiare l’attacco improvviso e devastante della Royal Navy britannica. Un’incursione meticolosamente pianificata dall’ammiraglio Andrew Cunningham, comandante in capo della Mediterranean Fleet, e dai vertici della Marina britannica, per colpire l’Italia, entrata nel secondo conflitto mondiale cinque mesi prima.

Nave Cavour semisommersa nel Mar Grande nella più importante base della Regia Marina resta indelebile nella mente e nel cuore dei tarantini di ieri e di oggi
Le radici di questa operazione affondano nel passato: già dal 1935, all’epoca della guerra tra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia, l’ammiraglio Dudley Pound, allora comandante della Mediterranean Fleet e successivamente Primo Lord del Mare, aveva elaborato piani per espugnare la strategica piazzaforte di Taranto, interessato dagli interessi britannici nel Corno d’Africa. Un progetto che, tuttavia, rimase sulla carta fino agli anni successivi.
Il piano, chiamato Operazione Judgment, fu rivisto e perfezionato dal contrammiraglio Lyster, un ufficiale con radici italiane, che aveva prestato servizio in Italia durante la Grande Guerra. La data prevista per l’attacco era il 21 ottobre 1940, in coincidenza con il 135° anniversario della vittoria britannica a Trafalgar. Tuttavia, una serie di imprevisti, tra cui un incendio a bordo della portaerei Eagle, portarono a un rinvio nei giorni di luna piena di novembre.



HMS Illustrious
L’inizio della campagna in Grecia, il 28 ottobre 1940, complicò ulteriormente gli scenari nel Mediterraneo. La Regia Marina doveva difendere le rotte strategiche verso l’Albania e la Libia, mentre i britannici potevano contare sul supporto di basi a Malta e in Egitto, dotate di avanzati sistemi radar che rendevano difficile e rischiosa ogni azione italiana, soprattutto di notte. La mancanza di apparecchiature radar e di sistemi di intercettazione efficaci rallentava le reazioni italiane, lasciando le unità molto vulnerabili.
Nei giorni che precedettero la notte del 12 novembre, la Royal Air Force condusse numerose missioni di ricognizione sui cieli di Taranto, utilizzando i velivoli Maryland, ritenuti più efficaci dei Sunderland. Ma il protagonista assoluto dell’attacco fu il biplano Fairey Swordfish, un aerosilurante capace di lanciare siluri da 457 millimetri o bombe da 700 chili.
Lo Swordfish, un’arma sperimentata anche da un italiano, il capitano Alessandro Guidoni, che nel 1914 lanciò il primo siluro al mondo da un idrovolante, si rivelò decisivo. La portaerei britannica Illustrious, su cui erano imbarcati questi velivoli, rappresentò un elemento chiave nell’attacco.

Swordfish
La notte tra l’11 e il 12 novembre, decine di Swordfish partirono dalla Illustrious, attaccando in due ondate la flotta italiana nel porto di Taranto. Le unità italiane, protette da artiglierie, reti e palloni di sbarramento, si trovarono sotto un fuoco incrociato. Nonostante la tenace difesa dei marinai italiani, i siluri britannici colpirono e affondarono la nave Cavour, mentre ferirono gravemente anche il Littorio e altre unità.
L’attacco causò la perdita di 58 vite e quasi 600 feriti tra i marinai italiani. Le navi italiane cercarono di reagire e di abbattere gli aerei nemici, riuscendo a colpire due velivoli e a catturare il pilota e l’osservatore dello Swordfish che aveva centrato il Cavour. Tuttavia, la devastazione fu grande e il ricordo di quella notte rimane vivo.


La corazzata italiana Littorio nel Bacino Ferrati di Taranto, in riparazione dopo essere stata silurata durante la notte di Taranto, inizio 1941
Questa ferita aperta nella storia della Marina italiana segnò una delle battaglie navali più famose del Mediterraneo. La reazione italiana arrivò con la vittoria a Capo Teulada, il 27 novembre 1940, e con il coraggio dimostrato dai marinai italiani.
Il ricordo di quella notte, simbolo di coraggio e di sacrificio, rimane vivo nella memoria collettiva di Taranto e di tutta l’Italia. La “ferita” di Taranto, tuttavia, non segnò la fine della lotta: nel dicembre del 1941, la Regia Marina colpì ancora, affondando la Queen Elizabeth e la Valiant nella base britannica di Alessandria d’Egitto, dimostrando che la guerra nel Mediterraneo era tutt’altro che finita.

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