A bordo della San Marco, “ecco la diplomazia navale italiana”

© Francesco Russo/ AGI - A bordo della nave San Marco

Durante le recenti esercitazioni Nato in Lituania, che l’hanno vista protagonista, abbiamo avuto modo di visitare la nave d’assalto anfibio della marina militare italiana e di intervistarne il comandante, Marco Stocco

AGI – L’elicottero con a bordo i cronisti atterra sul ponte, riparte, torna. Una squadra di marò del battaglione San Marco si cala dal velivolo con una corda. Una manovra simile, ci viene spiegato, a quella che lo scorso 9 giugno consentì di liberare una nave turca che era stata sequestrata da alcuni passeggeri clandestini.

Siamo sulla San Marco, nave d’assalto anfibio protagonista delle esercitazioni Nato Baltops 23, svoltesi lo scorso mese in Lituania, dove ha portato la nostra bandiera anche la fregata Margottini, nel ruolo di nave di scorta.

La San Marco è stata al centro di una complessa manovra anfibia insieme alla polacca Orp Torun, il cui equipaggio rumeno è in parte ospite della nave italiana, insieme ad alcuni marine inglesi e statunitensi. “C’è sempre più interoperabilità con le marine alleate e partner, partecipanti e osservatori con cui abbiamo sempre interazioni”, ci spiega il comandante Marco Stocco, che ci guida all’interno dell’imbarcazione.

La visita inizia dalla cabina di comando e prosegue sul ponte allagabile dal quale partono i mezzi anfibi. Nella sala operativa, dove non è consentito scattare fotografie, svetta lo stendardo con il Leone rampante e il motto Ex Mare Impetus. Infine, ospitalità italiana, mentre si conversa con gli ufficiali. Pasticcini e caffé. Un espresso, finalmente. Segue subito un secondo.

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© Francesco Russo/ AGI Mezzi militari sul ponte della San Marco

Il viaggio della San Marco

Poi si torna sul ponte, dove sono parcheggiati quindici Lince, due mezzi per il recupero di personale e due veicoli da combattimento. In mare dal 1988, sede a Brindisi con la Terza Divisione Navale, la San Marco può accogliere 4 elicotteri e fino a 500 persone. “Naviga molto bene per la sua età, ne sono molto fiero”, commenta Stocco, “siamo fuori dal 13 aprile, una volta terminata un’esercitazione in mare aperto nel Mediterraneo intorno alla Sardegna, siamo partiti, ed è iniziato il nostro turno nel Mar Baltico”.

“Ci siamo fermati in numerosi porti per effettuare ‘naval diplomacy’, che è un compito precipuo della Marina, e partecipare a esercitazioni congiunte, bilaterali o con altre nazioni partner, soprattutto dal punto di vista anfibio”, prosegue, “la mia nave ha toccato diversi porti e si è fermata anche in Marocco, dove abbiamo fatto esercitazioni di carattere anfibio con le unità marocchine”.

La cooperazione con le marine nordafricane non si ferma qui: “L’Italia è un elemento centrale del formato 5+5, per un bacino euromediterraneo, sicuro e con la massima libertà di navigazione”.

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© Francesco Russo/ AGI Marco Stocco, comandante della nave San Marco

“Siamo transitati oltre le colonne d’Ercole, siamo arrivati a Plymouth in Gran Bretagna, dove abbiamo svolto un’operazione con i Royal Marines, abbiamo circumnavigato la Danimarca, poi siamo passati in Svezia e finalmente siamo giunti nel Baltico”, ha continuato Stocco, “durante il rientro sicuramente ci saranno interazioni con altre marine partner alleate, durante le quali avremmo numerose attività anfibie”. Già previste, nello specifico, manovre con le marine di Spagna e Portogallo.

Come cambia la guerra anfibia

L’intensità delle esercitazioni è legata a un nuovo, più ampio concetto di proiezione anfibia della Nato, quello del “Little Expeditionary Group”, che prevede uno sbarco con unità limitate. “Stiamo sperimentando una nuova procedura, è un concetto assolutamente moderno e attuale nel contesto Nato, sempre più propenso ad attivita anfibie, serve sia ad acquisire capacità e conoscenze e stringere rapporti con i nostri partner che a rendere i mari del mondo sempre più sicuri”, sottolinea il comandante, “è un’evoluzione, non ci sono confini definiti tra un concetto e l’altro”.

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© Francesco Russo/ AGI Marò del battaglione San Marco

“Il concetto è sempre una proiezione di forza dal mare con una dimensione più ridotta, dimensione che dipende dal gruppo che si cerca di far operare”, aggiunge, “sicuramente nel prossimo futuro useremo forze anche maggiori, riusciremo a essere operativi anche in maniera molto più pesante”.

“Con i russi massimo rispetto reciproco”

Difficile non porre una domanda sulle interazioni con le navi russe, che, assicura Stocco, “sono sempre avvenute nel massimo rispetto reciproco, non ci sono stati episodi di rilievo.

“Siamo qui per un mare più libero e sicuro, per contiunuare a garantire la sicurezza nazionale e internazionale, non c’è mai stato alcun dissapore con altre marine”, continua, “io parlo da parte mia, in questo momento ho un mandato ben preciso, naval diplomacy, portare la bandiera italiana in tutti i mari del mondo”.

L’impegno umanitario

“Naval diplomacy” significa anche impegno umanitario. Stocco ricorda con fierezza quando la San Marco fu incaricata di “trasportare aiuti umanitari dopo il terremoto tra Turchia e Siria“. La nave “per volontà del ministero della Difesa è stata inviata immediatamente in Turchia e Libano, con personale della Protezione Civile imbarcato”.

“Quattro giorni dopo l’evento, siamo arrivati con un ospedale da campo per mille persone e lo abbiamo montato, poi siamo andati a Beirut per consegnare altri aiuti umanitari per le popolazioni siriane”, conclude, “la San Marco è costruita e pensate sia per fornire difesa e protezione e salvaguardia dell’interesse nazionali che, soprattutto, per aiutare le popolazioni”.

Fonte: AGI

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