Autocertificazione, mentire per giustificare gli spostamenti non è reato

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Non c’è reato di «false dichiarazioni del privato in atto pubblico» per chi non dica il vero nella autocertificazione per spostarsi

di Luigi Ferrarella (Corriere.it)

Non c’è reato di «false dichiarazioni del privato in atto pubblico» per chi non dica il vero nella autocertificazione con cui giustifica i propri spostamenti in violazione dei divieti imposti dalla normativa Covid. Anzi, non solo «non sussiste» in uno dei primi casi finiti a processo a Milano, ma non potrebbe proprio mai essere reato, argomenta la giudice Alessandra Del Corvo nella motivazione dell’assoluzione in rito abbreviato (perorata dall’avvocato Erika Chiusolo ma chiesta anche dalla stessa pm Maura Ripamonti) del commesso di un negozio: il quale, controllato in stazione ferroviaria il 14 marzo 2020, aveva autocertificato un motivo (transito dal lavoro a casa) poi non confermato dalla verifica dei turni.

La ragione (non impossibile da pronosticare, Corriere 23 marzo 2020) della impossibilità di incasellare questa falsità nell’articolo 483 — che sanziona fino a 2 anni la falsa attestazione al pubblico ufficiale di «fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità» — è che la norma non prevede un generale obbligo di veridicità nelle attestazioni che il privato fa al pubblico ufficiale, ma pretende che la documentazione pubblica dell’attestazione del privato abbia una specifica rilevanza giuridica.

E invece, scrive la giudice, «in tutti i casi nei quali l’autodichiarazione infedele è resa dal privato in un controllo casuale sul rispetto della normativa Covid, appare difficile stabilire quale sia l’atto del pubblico ufficiale nel quale la dichiarazione infedele sia destinata a confluire con tutte le necessarie e previste conseguenze di legge».

Infatti «non è rinvenibile nel sistema una norma che ricolleghi specifici effetti a uno specifico atto-documento nel quale la dichiarazione falsa del privato sia in ipotesi inserita dal pubblico ufficiale». Anche perché, altrimenti, «un obbligo di riferire la verità sui fatti dell’autodichiarazione sarebbe in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo (articolo 24 della Costituzione) e con il principio per cui nessuno è obbligato ad autoincriminarsi».

Resta invece sul piano amministrativo la segnalazione dall’autorità che ha effettuato il controllo (ad esempio qui la Polfer) al prefetto affinché valuti la condotta e infligga una sanzione amministrativa (che va da 400 a 1000 euro, riducibili se pagati subito come per le multe stradali), sanzione comunque impugnabile.

fonte: Corriere.it

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