COREA DEL NORD – Tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio: l’avventura missionaria delle Benedettine di Tutzing

di Paolo Affatato

Pyongyang (Agenzia Fides) – Il cuore delle Suore Benedettine Missionarie di Tutzing batte per la Corea del Nord. Ed è un cuore rivolto ancora oggi, con la preghiera e la carità, a quella che fu la loro originaria missione in Oriente.
La congregazione delle “Benedettine Missionarie di Tutzing” (Congregatio Sororum Benedictinarum Missionarum de Tutzing), venne fondata a Reichenbach nel 1885 dal monaco P. Andreas Amrhein OSB (1844-1927) come ramo femminile della congregazione dei monaci benedettini di Sant’Ottilia.

Nel 1887 la casa madre delle religiose venne stabilita a Emming (St. Ottilien) e nel 1904 a Tutzing, nell’alta Baviera. Le Benedettine di Tutzing non sono claustrali ma sono attive nell’apostolato. “Viviamo un carisma monastico e missionario. Seguiamo la regola benedettina e, accanto alla contemplazione, viviamo la spiritualità e l’apostolato nel mondo, laddove veniamo chiamate. Lo facciamo sempre non come individui, ma come comunità benedettina. Come una piccola comunità cristiana che vive di fede, speranza e carità”, spiega la coreana madre Maoro Jun Seok Sye, superiora generale della congregazione, raccontando la presenza missionaria in Europa, Africa, Asia e Americhe, con 130 comunità e circa 1300 monache sparse in quattro continenti.

La missione iniziò anche in Corea del Nord: fu il vescovo benedettino Bonifacio Sauer, OSB, abate all’abbazia di Tokwon, nella parte settentrionale della penisola coreana, a invitare le suore in Corea per seguire, a livello educativo, sociale e pastorale bambine e ragazze coreane che – per usanze e tradizioni locali legate al confucianesimo – potevano essere accompagnate solo da figure femminili. “Non sarebbe stato facile imparare la lingua coreana e adattarsi all’ambiente, dunque furono inviate giovani ed energiche consorelle. Così cominciò la nostra avventura missionaria nell’estremo Oriente”, racconta.

Le prime quattro pioniere benedettine tedesche partirono e, con un viaggio in nave di 48 giorni, attraverso il Mediterraneo, l’oceano indiano, poi il Pacifico approdarono nel Nord della Corea, a Wonsan, accolte dai padri benedettini. “La nostra missione ebbe inizio, per la provvidenza di Dio, il 21 novembre 1925, alle 4 del pomeriggio”, precisa la superiora, ricordando l’ora di quella impresa missionaria. Un mese dopo il loro arrivo, la prima ragazza coreana chiedeva di fare esperienza di vita monastica nell’istituto.

Le suore iniziarono subito a lavorare come insegnanti nella scuola ben presto istituita a Wonsan, destinata a bambini e bambine poveri, chiamata “Scuola dell’Angelo custode”, che accoglieva oltre 400 piccoli.
“Erano molto povere, vivevano in condizioni di assoluta essenzialità. Quella condizione era già essa stessa una testimonianza: erano povere a livello materiale, povere in spirito, secondo lo spirto delle beatitudini evangeliche”, nota la superiora. Dopo aver vissuto i primi anni in una modesta abitazione, si trasferirono nel Convento dell’Immacolata, costruito a Wonsan grazie ad alcuni benefattori cinesi. Le benedettine aprirono anche un dispensario, con erbe e medicine che suor Hermetis Groh gestiva, curando i malati e i sofferenti.

Nel 1927 vi erano già 16 giovani coreane che volevano unirsi alla prima comunità benedettina femminile, e l’anno diverse di loro divennero ufficialmente” postulanti”: il carisma benedettino e missionario si diffondeva e attraeva anime. La missione continuava con la preghiera, le liturgie e le processioni, con l’opera apostolica nelle scuole, con le visite ai villaggi, dove le sorelle insegnavano il catechismo a bambini, giovani, adulti. “Il nostro posto, la nostra vita, è stare in basso, stare con Dio e stare con gli ultimi”, prosegue suor Jun Seok Sye.
Tutto cambia a partire dal 1945 quando, con l’intervento dell’Unione Sovietica e l’indipendenza della Corea del Nord, il governo mette in atto una politica di persecuzione religiosa. Il monastero viene confiscato e chiuso. Scacciate, sfollate e malviste, le suore non vollero fuggire e scelsero di restare accanto ai bambini, accanto alla loro gente. Il racconto della superiora si fa drammatico: “Alle 11 di sera del 10 maggio 1949, su ordine del governo l’intera comunità religiosa di Wonsan fu sequestrata e le suore coreane vennero costrette a disperdersi”. Le religiose tedesche furono tradotte nel campo di concentramento di Oksadok, dove rimarranno fino al 19 novembre 1953, dopo la conclusione della guerra di Corea.

Le religiose subirono un trattamento disumano e furono costrette a quella che passerà alla storia come la “marcia della morte”, un cammino forzato verso la Manciuria nel mezzo del rigido inverno. In quegli anni di stenti e crudeltà, 17 religiosi benedettini e 2 suore di Tutzing morirono. Scrivono nelle loro poesie le suore superstiti: “Nel seppellire i confratelli e consorelle cantavamo: Cristo, mio re, fino alla fine io giuro a te il mio amore, puro come il giglio, e la mia fedeltà. E ci chiedevamo: chi sarà il prossimo?”. La mattina del 16 settembre 1952 suor Fructuosa Gerstmayer sarà l’ultima a raggiugere la Casa del Padre. “Stremate dalla fame, dal gelo, dalla malattia, sopravvivevano da esiliate. Solo Dio era il loro conforto e compagno. Cristo perseguitato era con loro”, ricorda la madre superiora oggi. Senza sapere se e quando quel tempo di persecuzione sarebbe finito, i monaci e le monache continuavano a pregare con la liturgia delle ore. Quando riuscivano a coltivare segretamente dei semi di grano e a cogliere qualche chicco di uva selvatica, potevano celebrare di nascosto una messa, di notte, nelle casette del campo.

Con l’armistizio che pose fine alla guerra di corea, nel gennaio 1954 venne avviato il programma di scambio dei prigionieri di guerra. Quarantadue monaci e 18 suore tedesche vennero rimpatriati in Germania attraverso la Transiberiana. “Dopo il rimpatrio, nonostante il crudele trattamento ricevuto nei lager, le suore, una volta rimesse in salute, chiesero di tornare alla missione in Corea”, ricorda suor Jun Seok Sye. Otto di loro dovettero desistere a causa della tubercolosi e altre malattie, ma 10 tornarono nella neonata nazione della Corea del Sud. “Senza dire una parola di male verso i loro persecutori”, racconta la suora coreana oggi che, da giovane religiosa, riferisce di essere rimasta impressionata da quella testimonianza di “amore al nemico”.

Già a partire dal 1950, le 13 benedettine coreane scappate dal Nord si erano nuovamente e provvidenzialmente incontrate nel campo profughi allestito dalla Chiesa cattolica a Busan. Quell’incontro fu l’inizio di un nuovo germe di missione. Le suore sopravvivevano facendo servizio di lavanderia e tessitura per l’esercito americano. Mentre non si sapeva ancora nulla della sorte delle consorelle di Wonsan, la casa madre di Tutzing inviò altre missionarie in Corea del Sud, in una missione che vive ancora oggi. Dal 1951 le suore avviarono una comunità a Daegu, e nell’anno 1956 divenne priorato. A causa del crescente numero nel priorato di Daegu, nel 1987 è stato eretto il priorato di Seoul.
Per fare memoria della testimonianza di fede del passato, a maggio del 2007 è iniziato il processo per la beatificazione dei trentotto servi di Dio dell’abbazia di Tokwon, martirizzati durante l’ondata di persecuzione. Il processo è intitolato “Beatificazione dell’abate-vescovo Bonifatius Sauer, O.S.B., padre Benedetto Kim, O.S.B. e compagni”, tra i quali quattro benedettine, due tedesche e due coreane. Tra il 1949 al 1952 quattordici monaci e due suore furono giustiziati dopo una dura prigionia e torture. Nello stesso periodo, altri diciassette monaci e due suore morirono per fame, malattia, per il duro lavoro fisico e per le pessime condizioni di vita nel lager. L’abate-vescovo Bonifatius Sauer morì in un carcere di Pyongyang nel 1950.

Frutto di quella testimonianza, gli Ordini benedettini presenti oggi in Corea appartengono alle congregazioni di Sant’Ottilien e di Tutzing (Germania). Giunsero poi, negli anni ’80 del secolo scorso, le monache olivetane (dalla Svizzera), e i monaci olivetani (dall’Italia). “La nostra vita religiosa, oggi come ieri, è donare la vita a Cristo, sotto la guida dello Spirito Santo. La nostra vita è arrendersi all’amore di Dio, come hanno fatto le nostre pioniere martiri. Una vita fatta di preghiera e Vangelo, per dare gloria a Lui”, dice la religiosa, ricordando che oggi le Benedettine di Tutzing sono circa 450 in Corea.

Il cuore delle benedettine di Tutzing batte ancora oggi per la Corea del Nord. Prosegue madre Jun Seok Sye: “Ogni sera, con tutti i fedeli coreani, recitiamo un pater-ave-gloria per la missione in Corea del Nord, affidando a Dio il passato, il presente, il futuro. Le suore della nostra Congregazione di tutto il mondo pregano con un’intenzione speciale per la penisola coreana ogni 13 del mese. L’amore di Cristo ci sospinge. Attraverso i canali possibili, cerchiamo di inviare aiuti umanitari al Nord. Accogliamo e accompagniamo i profughi fuggiti dal Nord, aiutando al reinserimento di bambini e adulti nel tessuto sociale”. “Del resto – conclude la religiosa, citando un passo della lettera di san Paolo ai Romani (Rm, 8,28)– sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno”.

Fonte: Agenzia Fides

Le prime quattro benedettine missionarie in Corea

Le suore sopravvissute al tempo delle guerra di Corea

Le quattro religiose per cui è in corso il processo di beatificazione

Le benedettine in Corea oggi

Un’assemblea delle Benedettine di Tutzing in Corea oggi

A sinistra suor Jun Seok Sye, superiora generale, coreana; a destra suor Lumen Gloria, Vicaria generale, filippina

Il priorato delle benedettine a Seoul

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