La vicenda dell’acciaieria di Taranto a un bivio: il governo Meloni spinge per una transizione pragmatica e accelerata, mentre i Genitori Tarantini si scontrano con la giustizia. Le accuse di Daio Iaia (FDI) al M5S.
di Salvatore Stano
ROMA (EN24) – La questione dell’ex Ilva di Taranto continua a essere un crocevia di sfide ambientali, economiche e giudiziarie. La posta in gioco è la riconversione di un’industria strategica, la tutela della salute pubblica e la salvaguardia dei posti di lavoro. Le recenti evoluzioni, tra decisioni del tribunale e posizioni politiche, disegnano un quadro complesso e in continua evoluzione, che riflette le profonde tensioni tra sviluppo industriale e istanze ambientaliste.
La svolta del Governo Meloni: il pragmatismo di Urso
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha ribadito la ferma volontà del governo di procedere con un piano di decarbonizzazione che coniughi sostenibilità e realismo. L’obiettivo è trasformare l’ex Ilva nel primo polo per la produzione di acciaio green in Europa. La strategia si fonda su un Accordo di Programma che prevede la progressiva dismissione degli altiforni e la loro sostituzione con forni elettrici alimentati da un impianto DRI (Direct Reduced Iron). Questo approccio, secondo il ministro, è l’unico pragmatico e fattibile nel breve termine.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso
A sostegno di questa linea, il deputato di Fratelli d’Italia Dario Iaia ha sottolineato la necessità di un approccio non utopistico, avvertendo che l’uso dell’idrogeno verde su larga scala è una tecnologia non ancora operativa a livello industriale. La transizione, dunque, deve passare per l’uso del gas naturale, una soluzione già impiegata in 34 forni elettrici in Italia e considerata una tecnologia “ponte” essenziale. La critica di Iaia si estende alle opposizioni, accusate di proporre soluzioni irrealizzabili che rischiano di prolungare i tempi e mettere a repentaglio l’occupazione, ignorando le conseguenze sociali di un blocco delle attività.
Il fronte giudiziario: la sentenza della Corte di Giustizia e l’azione inibitoria
Parallelamente alla discussione politica, la battaglia legale prosegue. Il Tribunale di Milano ha ripreso l’esame dell’azione inibitoria promossa dall’Associazione Genitori Tarantini e da un bambino con una rara mutazione genetica. L’obiettivo è ottenere la cessazione delle attività dell’area a caldo dell’acciaieria, considerate un pericolo per la salute.

Palazzo di Giustizia di Milano
A condizionare l’esito del processo è stata la sentenza della Corte di Giustizia europea del 25 giugno 2024, che ha stabilito la sospensione delle attività in presenza di “pericoli gravi per l’ambiente e la salute umana”. Il Tribunale di Milano ha rinviato l’udienza al 9 ottobre, chiedendo la documentazione relativa al parere istruttorio e al piano di monitoraggio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata il 17 luglio. Questa richiesta, secondo il ministro Urso, testimonia la serietà con cui il tribunale sta valutando la nuova AIA “ponte”, ritenuta conforme ai più recenti standard europei e rispettosa del pronunciamento della Corte di Giustizia. La validità di tale autorizzazione è il nodo cruciale che il tribunale dovrà sciogliere, valutando se le misure previste sono sufficienti a mitigare i rischi per la salute della popolazione residente a Taranto e nei comuni limitrofi.
Lo scontro politico: Iaia contro il Movimento 5 Stelle

A sinistra l’On. Dario Iaia (FDI) e il senatore Mario Turco (M5S)
La vicenda ex Ilva è anche un terreno di scontro politico, in particolare tra Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle. L’On. Dario Iaia, ha rivolto dure critiche al M5S per la gestione del dossier durante i loro cinque anni al governo.
«Il M5S – ha dichiarato Iaia – avrebbe avuto tutto il tempo e le condizioni per avviare una reale risoluzione della vicenda, e invece ha prodotto solo gravi errori e omissioni». Il parlamentare ha puntato il dito contro l’operato del senatore Mario Turco, all’epoca Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sottolineando come la sua presenza non abbia portato ad alcuna svolta significativa per Taranto.
Secondo Iaia, il Movimento avrebbe potuto scegliere di chiudere le fonti inquinanti o evitare la firma del contratto con Arcelor Mittal, ma ha preferito seguire una linea ambigua. «Hanno fatto arrivare Mittal in Italia, con tutte le conseguenze che oggi pagano gli operai, i sindacati e la città», ha aggiunto. Inoltre, ha ricordato la cancellazione dello scudo penale da parte del M5S, poi successivamente ripristinato in favore del gruppo franco-indiano.
Altro punto critico, secondo l’esponente di Fratelli d’Italia, è stato il progetto – poi disatteso – di promuovere una “causa del secolo” contro Mittal, sfociato invece in una società mista tra Stato e azienda, con il Governo in posizione minoritaria e la mancata tutela per i dipendenti dell’Ilva in amministrazione straordinaria.
Iaia ha poi respinto con fermezza le attuali prese di posizione del Movimento sul futuro dell’ex Ilva: «Dopo un fallimento assoluto, è quantomeno doveroso lasciare lavorare chi oggi, tra mille difficoltà, sta cercando di avviare un percorso verso la decarbonizzazione, la difesa dell’ambiente e la salvaguardia dei posti di lavoro. Taranto ha bisogno di soluzioni concrete, non di chi oggi pretende di indicare la rotta dopo anni di immobilismo e contraddizioni».
La posta in gioco: occupazione e decarbonizzazione
La complessità della situazione è evidente. L’urgenza di una transizione energetica si scontra con le preoccupazioni per la salute pubblica, mentre il futuro occupazionale di migliaia di famiglie tarantine resta in bilico. La decisione di affidare il rilancio a una gara che premia l’offerta per l’intero compendio, come ha sottolineato il ministro Urso, mira a evitare lo “spezzatino” e a preservare l’integrità produttiva. Tuttavia, il destino del polo del DRI a Taranto è ancora legato alle decisioni del Comune in merito alla nave rigassificatrice, necessaria per l’approvvigionamento del gas.
Urso ha anche affrontato la questione dei dazi sull’acciaio, ribadendo la necessità di negoziare con gli Stati Uniti per un regime di quote equo e di istituire un meccanismo di salvaguardia europeo contro le importazioni anomale. Il ministro ha messo in guardia contro le “folli regole del Green Deal” che, a suo dire, hanno messo in crisi l’industria europea.
In questo quadro, il dialogo tra istituzioni, parti sociali e movimenti civici è cruciale per trovare un equilibrio che garantisca un futuro sostenibile per Taranto e per l’intera industria siderurgica italiana. La strada è lunga e tortuosa, ma il “senso di responsabilità” invocato da Urso e Iaia sembra essere l’unica bussola in grado di orientare il Paese verso una soluzione duratura.
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