L’ira di Schlein con Emiliano: Conte non dà la linea, ora cambiare. Lui: non posso rimetterci solo io

Da sinistra, Elly Schlein, Francesco Boccia, Michele Emiliano, Antonio Decaro

La segretaria decide l’espulsione degli indagati: tolleranza zero

di Maria Teresa Meli

Elly Schlein si trova in uno dei momenti più delicati della sua segreteria. In Puglia si è aperto un vaso di Pandora di cui la leader dem non sapeva pressoché nulla, perché è alla guida del partito da relativamente poco tempo e ancora non ha preso le misure con le ramificazioni locali del Pd. E ora la segretaria sembra sospettare che tra Michele Emiliano e Giuseppe Conte, nonostante il secondo abbia annunciato l’uscita del M5S dalla giunta pugliese, il feeling non si sia interrotto.

Il viaggio dei due in aereo da Bari a Roma, ieri pomeriggio, benché dovuto alla casualità, dà corpo ai timori della segretaria. Tanto più dopo che Emiliano e Conte, nonostante la «rottura» dei 5 stelle in Puglia, si sono comportati da buoni amici, come dimostra il fatto che in serata il governatore abbia sentito il bisogno di fare questa precisazione: «Non era indispensabile l’uscita del M5S dalla giunta per ribadire i nostri comuni convincimenti».

Che l’aria non volgesse in suo favore, del resto, Schlein lo ha capito quando ieri mattina, alquanto irritata, chiama al cellulare Emiliano: «Non possiamo farci dettare la linea da Conte, basta inseguire il M5S, dobbiamo essere noi a dettare un’inversione di rotta, basta col trasformismo in regione», è il succo del ragionamento della segretaria. «Non posso rimetterci la faccia solo io», è la replica del governatore, che aggiunge: «Io ho un buon rapporto con Giuseppe e non intendo romperlo».

Il rapporto tra Schlein e Conte, invece, è ai minimi termini. L’ex premier non ha avvisato la segretaria del Pd della sua decisione di far uscire il M5S dalla giunta Emiliano (il governatore, invece, era stato avvertito per tempo). Certo, le intenzioni di Conte erano palesi e se ne parlava già da qualche giorno, ma non c’è stata nemmeno la tradizionale telefonata di cortesia. I due non si parlano più al cellulare dal giorno in cui Conte ha annunciato che i 5 stelle non avrebbero partecipato alle primarie di Bari. E ora Conte è nero con Schlein: «Non ho digerito la sua accusa di slealtà.

Questa ferita rimane aperta e lo rimarrà per molto. La sua è stata un’accusa gravissima. Ma Elly deve capire che per noi la battaglia sulla legalità non riguarda Bari bensì tutta l’Italia. Sono queste le nostre condizioni, se loro ci stanno bene sennò vuol dire che per ora resteremo lontani», si sfoga l’ex premier con i suoi.

E la segretaria del Pd non è meno arrabbiata: «Ci dipinge come un partito di trasformisti, ma si è dimenticato che il governo con Salvini lo ha fatto lui, se non è trasformismo questo, ditemi che cos’è», sbotta con i fedelissimi. Comunque, pur non inseguendo Conte, Schlein cerca di correre ai ripari in Puglia e decide di espellere tre indagati eccellenti: Maurodinoia, Caracciolo e Mazzarano. La telefonata che Schlein fa al segretario regionale dem Domenico De Santis per un repulisti nel partito viene descritta da entrambe le parti come burrascosa. La leader vorrebbe «tolleranza zero» verso gli indagati e una più ampia «pulizia», De Santis le consiglia «prudenza».

La leader comunque sa che quelle espulsioni non bastano. L’elettorato è disorientato. E a quanto pare lo è anche il Pd pugliese. La presidente dell’assemblea cittadina del partito di Bari, Titti De Simone, propone di convergere su Laforgia, il candidato di Conte. L’esponente dem è la rappresentante della mozione Schlein in Puglia. Le risponde a brutto muso il segretario cittadino di Bari Gianfranco Todaro, che continua a sostenere Leccese. Qualcuno spera in un terzo nome, ma Conte è netto: «Per noi c’è solo Laforgia».

Intanto il Pd nazionale continua a non voler fare l’esame del sangue presso gli sportelli del M5S. Dice Paola De Micheli: «Conte sta utilizzando l’atteggiamento giustizialista della peggiore destra». E Simona Bonafè: «Patenti di legalità noi no le riceviamo né dal leader del M5S né dalla destra». Definitivo Andrea Orlando: «Qui siamo di fronte a una politica stracciona alla ricerca del consenso in modi miserevoli».

Il Pd non è più disposto a subire gli assalti di Conte. Ma questi attacchi, di qui alle elezioni europee, continueranno. Questo al Pd lo danno tutti per scontato. A cominciare da Schlein che spiega ai suoi: «Lui si è mosso appena ha visto che la nostra linea unitaria portava consensi a noi e li toglieva a lui. Quindi prepariamoci e cerchiamo di non cadere nelle provocazioni».

 

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

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