Migranti, le ong fanno un reclamo all’Europa: “La legge italiana limita i soccorsi”

La norma solleverebbe “gravi preoccupazioni” rispetto alle sue compatibilità con il diritto dell’Ue e quello internazionale

ROMA – Un reclamo alla Commissione europea per chiedere un esame della nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori, che solleverebbe “gravi preoccupazioni” rispetto alle sue compatibilità con il diritto dell’Ue e quello internazionale su ricerca e salvataggio in mare, è stato presentato da una coalizione di ong. Dell’azione riferiscono i soggetti coinvolti, Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Emergency, Medici senza frontiere (Msf), Oxfam Italia e Sos Humanity.

“La Commissione europea è la custode dei trattati dell’Ue e garantisce che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e comunitario” ha sottolineato Giulia Capitani, policy advisor su immigrazione e asilo di Oxfam Italia. “Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in Europa, invece sono le ong a riempire il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri dell’Ue“. Capitani ha aggiunto: “Invece di ostacolare il loro lavoro, le ong andrebbero coinvolte nella creazione di un sistema adeguato di ricerca e soccorso in mare“.

In una nota delle organizzazioni si riferisce che “la nuova legge italiana prevede che le imbarcazioni si dirigano senza ritardi verso il porto assegnato dopo la prima operazione di salvataggio, limitando così l’azione delle imbarcazioni nel fornire assistenza ad altre barche in difficoltà“. Nel testo si aggiunge: “La norma obbliga, inoltre, i capitani a fornire alle autorità italiane informazioni non meglio specificate sul salvataggio effettuato, portando a una richiesta di informazioni eccessive”.

Secondo le organizzazioni promotrici del reclamo, “la nuova legge è aggravata dalla recente prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani per lo sbarco”. Le ong continuano: “Questa politica non è prevista da alcuna normativa, ma è diventata una pratica comune dal dicembre 2022, facendo aumentare significativamente i tempi di viaggio e limitando di conseguenza la presenza delle navi umanitarie nella zona di ricerca e soccorso”.

 

Fonte: Agenzia DiRE

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