Non sottovalutare la perdita di peso nei malati di tumore: ecco perché è importante e cosa si può fare

Quasi la metà dei pazienti oncologici è a rischio malnutrizione (anche prima delle cure) con conseguenze gravi: in Italia il diritto a ricevere un supporto nutrizionale appropriato non è ancora garantito a tutti

di Vera Martinella

Prima ancora di cominciare le cure oltre 6 malati di cancro su 10 hanno perso peso e la metà è a rischio malnutrizione o è già denutrito: questo comporta più probabilità di complicanze chirurgiche, una minore efficacia delle terapie, una loro maggiore tossicità e peggiora la qualità di vita dei pazienti. Un insieme di problemi che molto spesso si traduce in una ridotta sopravvivenza, soprattutto per i malati con un tumore dell’area testa-collo o gastrointestinale. Per questo è fondamentale, fin dalla diagnosi, prestare attenzione all’andamento del peso e dell’alimentazione: sia gli specialisti oncologi sia i diretti interessati e i familiari non devono sottovalutare l’insorgenza di difficoltà ad alimentarsi o la perdita di diversi chili. Le soluzioni a disposizione per garantire una «giusta dose di cibo», infatti, sono molteplici (a partire dagli alimenti a fini medici speciali), ma non a tutte le persone che ne hanno bisogno viene oggi riconosciuto il diritto a ricevere un supporto nutrizionale appropriato.

Definire un iter uguale per tutti i malati

Proprio per superare le criticità esistenti nel nostro Paese è stato elaborato recentemente un Documento di Consenso, frutto del lavoro congiunto di numerosi specialisti e promosso da NHSc (Nestlé Health Science), che attraverso 13 punti-chiave si propone di migliorare la gestione di tutto il percorso,  a partire dal livello di formazione e consapevolezza da parte dei clinici e dalla necessità del coinvolgimento precoce di un esperto in nutrizione clinica all’interno del team multidisciplinare, al fine di intercettare tempestivamente i casi più a rischio e intervenire nel modo più appropriato. «Per uniformare la gestione delle problematiche nutrizionali, assicurando a tutti i pazienti interventi tempestivi ed efficaci è necessaria la definizione di percorsi di cura e protocolli condivisi che stabiliscano ruoli e responsabilità di tutti gli attori coinvolti nella gestione del paziente oncologico malnutrito –  spiega Paolo Bossi, medico oncologo e professore associato di Oncologia Medica all’Università di Brescia -. Un corretto approccio dovrebbe comprendere protocolli standardizzati di screening che aiutino nella definizione di situazioni ad alto rischio di malnutrizione per le quali sia sempre previsto il counseling o l’intervento nutrizionale, secondo l’approccio raccomandato dalle linee guida delle società scientifiche. E’ stata auspicata, inoltre, l’individuazione di una figura di riferimento che, a seconda delle fasi di malattia e di trattamento, garantisca l’appropriatezza del percorso nutrizionale del paziente e la valutazione del supporto nutrizionale. Infine, si raccomanda l’organizzazione di cartelle informatizzate che permettano il rapido calcolo del “punteggio” per la definizione dello stato nutrizionale del paziente e facilitino lo scambio di informazioni tra gli esperti del team multidisciplinare».

Screening nutrizionale alla diagnosi

Uno studio osservazionale condotto in Italia su quasi 2mila pazienti ha però evidenziato che più del 50% presentava deficit nutrizionali, il 9% era in stato di malnutrizione e il 43% era a rischio di malnutrizione già al momento della prima visita oncologica. Anche nei casi in cui viene diagnosticato uno stato di malnutrizione, circa la metà dei casi non viene trattato o viene curato in modo non adeguato. E la malnutrizione è stata associata da numerosi studi  al peggioramento della qualità di vita, all’aumento del tasso di complicanze o di peggiori esiti post-operatori, al prolungamento della degenza ospedaliera, a una minore tolleranza ai trattamenti antitumorali e all’aumento della tossicità che spesso conduce alla sospensione pre-termine delle cure. E tutto questo, ovviamente, può portare a una minore  sopravvivenza alla malattia. «La diagnosi tempestiva di un problema nutrizionale è fondamentale per garantire la corretta gestione dei pazienti oncologici – sottolinea Riccardo Caccialanza, direttore dell’Unità Dietetica e Nutrizione Clinica alla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia -. L’intercettazione precoce di problematiche nutrizionali è essenziale per impostare un supporto appropriato ed efficace: se iniziata al momento della diagnosi o non appena viene riscontrato il rischio di malnutrizione, infatti, la terapia di supporto può migliorare sia la qualità di vita sia la sopravvivenza dei malati. Lo screening nutrizionale dovrebbe essere effettuato al momento della diagnosi e ripetuto sistematicamente a intervalli regolari durante tutto il decorso di malattia, soprattutto nei pazienti che per tipo di tumore, stadio di malattia o trattamento intrapreso sono più a rischio di malnutrizione».

Cosa provoca la perdita di peso

L’eccessiva perdita di peso (che andrebbe valutato come parametro vitale fin dalla diagnosi di tumore) può dipendere da diversi fattori: riduzione dell’appetito, presenza di difficoltà a deglutire, problemi digestivi o alterata capacità di assorbimento dei nutrienti, ma anche ansia, paura e depressione possono contribuire in una certa misura. Inoltre infiammazioni al cavo orale, disturbi intestinali, senso di nausea sono solo alcuni degli effetti collaterali più frequenti provocati dalle cure anticancro, che possono peggiorare significativamente la vita dei pazienti e anche di chi guarisce. Per arrivare a definire il Documento di Consenso, con l’obiettivo di proporre un nuovo e ottimale modello di gestione del paziente con neoplasia testa-collo e gastrointestinale, è stata condotta un’analisi dello stato dell’arte in Italia per quanto riguarda la gestione della nutrizione clinica in oncologia e sono state individuate le principali criticità che caratterizzano le diverse fasi, i diversi attori coinvolti e le possibili azioni migliorative. I 13 punti-chiave, stabiliti da specialisti e rappresentanti dei pazienti, riguardano anche l’adeguata formazione degli operatori sanitari, la presenza di un esperto in nutrizione clinica nel team multidisciplinare, la necessità di implementare sia la nutrizione artificiale domiciliare quando necessaria sia l’accesso ai supporti nutrizionali in chi ne ha bisogno.

 

fonte: Corriere.it

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