Via libera ai funerali di Cito, l’autopsia spazza via tutti i dubbi

Le esequie per l’ex sindaco di Taranto saranno celebrate martedì alle 17, nella concattedrale. La morte provocata dalle patologie da cui era affetto

di Cesare Bechis

Il decesso dell’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito non presenta ombre. Le ha spazzate via l’autopsia effettuata venerdì scorso che ha stabilito la morte per cause naturali dovute al cumulo di patologie che hanno logorato gli ultimi anni della vita di Cito. La salma è stata restituita alla famiglia che ha fissato i funerali per martedì 20 maggio alle 17 nella concattedrale di Taranto, in viale Magna Grecia. Giancarlo Cito è morto domenica 11 maggio, a 79 anni, nella Rsa della Cittadella della Carità, al quartiere Paolo sesto.

Ricoverato da tempo

Qui era ricoverato da tre anni proprio a causa delle gravi malattie che gli impedivano di restare nella propria casa perché bisognoso di continua assistenza. I funerali, previsti inizialmente il 13 maggio, sono stati necessariamente sospesi a seguito della denuncia presentata ai carabinieri da una parente stretta che sollecitava accertamenti sulle cause del decesso. Di conseguenza il pm Salvatore Colella, della procura di Taranto, ha aperto un fascicolo, disposto l’autopsia e iscritto cinque persone, tre medici e due manager sanitari, nel registro degli indagati per l’ipotesi di omicidio colposo, lesioni personali colpose e cooperazione nel delitto colposo.

Il passato da politico

Giancarlo Cito è stato una figura di spicco della politica tarantina degli anni ’90, capace di dividere l’opinione pubblica per il suo decisionismo spinto, gradito a molti e intollerabile per altri. Dopo averla fondata, fece dell’emittente Antenna Taranto 6 il suo braccio più potente nell’agone politico riuscendo a costruire un consenso tale da essere eletto sindaco nel 1993. Poi è anche diventato parlamentare, con AT6 Lega d’Azione Meridionale, dal 1996 al 2001. A questo punto la sua stella cominciò a declinare, venne condannato a quattro anni per concorso esterno in associazione mafiosa, passò quattro anni in carcere e si laureò in Giurisprudenza.

 

 

FONTE: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

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