Naufragio. Un’altra strage annunciata di migranti, 120 morti nel Canale di Sicilia

Nessun superstite nell'ennesima strage di migranti nel Canale di Sicilia - Flavio Gasperini / Sos Mediterranee

Le autorità europee sapevano da due giorni che nel Canale di Sicilia c’erano 3 barconi messi in mare dai trafficanti libici. Eppure nessuno ha inviato navi per soccorrere i migranti

di Nello Scavo

Centoventi morti per un’altra strage annunciata. Tutte le autorità europee sapevano da due giorni che nel Canale di Sicilia c’erano 3 barconi messi in mare dai trafficanti libici. Eppure nessuno ha inviato navi per soccorrere i migranti in balia del mare grosso.
Per la prima volta da molti anni, tre navi commerciali hanno deciso di unirsi alla Ocean Viking di Sos Mediterranee nella ricerca dei dispersi. I mercantili non sono stati coordinati da nessuna delle centrali di soccorso, a causa del solito scaricabarile tra Tripoli, La Valletta e Roma. Nell’area sono transitati anche velivoli di Frontex, ma nessun messaggio di allerta è stato diramato e la cosiddetta Guardia costiera libica, dopo essere intervenuta per intercettare un barcone con un centinaio di persone, non ha inviato nessuna delle motovedette di cui dispone a pattugliare l’area.

 

Nessun superstite nell'ennesima strage di migranti nel Canale di Sicilia

Nessun superstite nell’ennesima strage di migranti nel Canale di Sicilia – Flavio Gasperini / Sos Mediterranee

 

“Siamo arrivati troppo tardi sul posto”, hanno detto alcuni dei marittimi che hanno raggiunto l’area dove ora stanno cercando di recuperare i cadaveri.

Secondo alcune informazioni, ieri nell’area transitava un altro mercantile, che avrebbe potuto raggiungere per primo il barcone alla deriva, ma nonostante le richieste via radio e i ripetuti Sos lanciati da Alarm Phone ha preferito andare oltre.

A Tripoli negli ultimi mesi è stata potenziata, su spinta italiana, una nuova guardia costiera, denominata “Gacs”, che risponde al ministero dell’Interno. I guardacoste della Marina militare libica, infatti, sono oramai sotto il controllo dei “consiglieri militari” inviati dalla Turchia, nonostante i pattugliatori siano in gran parte stati donati ed equipaggiati dall’Italia. L’addestramento del “Gacs” avviene in parte a Gaeta, da parte della Guardia di finanza. Recentemente uno degli ufficiali libici giunto in Italia non ha fatto rientro nel suo Paese ed è tuttora ricercato.

Appena due settimane fa il premier Mario Draghi si era recato in Libia incoraggiando la guardia costiera libica che aveva ringraziato per i “salvataggi”. Tuttavia nei giorni successivi il presidente del Consiglio aveva lasciato intendere che nei colloqui a porte chiuse con gli omologhi a Tripoli l’Italia ha posto delle condizioni per il rispetto dei diritti umani fondamentali.

Dal mare, ancora una volta, è arrivata una risposta diversa.

 

fonte: Avvenire

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