Xi-Blinken, vertice teso a Pechino: «Ora basta aiuti alla Russia». Il presidente cinese: «Restano divergenze»

Incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il Segretario di Stato americano Antony Blinken, oggi, a Pechino: in agenda la crisi in Ucraina, quella in Medio Oriente e le tensioni commerciali, sempre più forti

di Guido Santevecchi

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO – Su un punto Cina e Stati Uniti concordano: è necessario continuare a parlarsi. Lo prova il fatto che Xi Jinping ha ritenuto opportuno ricevere Antony Blinken al termine della missione di tre giorni tra Shanghai e Pechino del Segretario di Stato americano.

Che il dialogo continui è confortante, ma tutti i punti di tensione restano irrisolti, dal sostegno cinese alla guerra di Putin al futuro di Taiwan, passando per la battaglia commerciale senza esclusione di colpi.

Secondo il resoconto della Xinhua, Xi nell’udienza concessa nella Grande Sala del Popolo ha fatto sfoggio di saggezza retorica e realismo, osservando che «nei decenni i nostri rapporti hanno attraversato grandi piogge e venti», ma bisogna cercare «ispirazione per aiutarsi reciprocamente invece che per farsi del male».

Ha invitato l’America ad adottare una «visione positiva dello sviluppo cinese», ammettendo che «ci sono numerosi problemi», ma assicurando che con «ottimismo e apertura reciproci si può costruire una relazione migliore». Conclusione: le due superpotenze «debbono essere partner e non rivali».

L’imperatore ha lasciato il compito di usare un tono più duro ai suoi mandarini. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha avvertito Blinken che anche se c’è stata «una stabilizzazione del rapporto diplomatico, i fattori negativi continuano a crescere, si accumulano, causano perturbazioni, spingono verso una spirale». I due ministri si sono parlati per cinque ore e l’elenco delle recriminazioni è stato lungo. «Sono senza fine le irragionevoli misure americane per soffocare la nostra economia, il nostro commercio, il nostro sviluppo scientifico e tecnologico: questa non è competizione, ma contenimento», ha detto Wang.

In effetti, da Washington sono arrivati moniti e minacce di dazi per fermare il flusso di prodotti cinesi sottocosto che danneggiano l’industria americana (ed europea) e sanzioni contro le aziende cinesi che forniscono tecnologia militare ai russi.

Wang Yi ha replicato che gli americani debbono «scegliere tra cooperazione e scontro». Ma è chiaro che i cinesi non sanno fino a che punto si possano spingere nel loro sostegno alla Russia e nella nuova invasione di prodotti esportati sottocosto grazie ai sussidi del Partito-Stato. Neanche Xi si può permettere una rottura definitiva, ora che è impegnato a trovare nuovi sbocchi per l’economia cinese in sofferenza. In sostanza, Pechino continua a invocare cooperazione (soprattutto economica e commerciale, secondo i propri interessi), ma non fa concessioni.

Blinken dice che ci sono stati progressi, ma serve chiarezza sulle aree di contrasto e questa si può fare «con lavoro diplomatico intenso, faccia a faccia», per evitare incomprensioni ed errori di calcolo. Ha usato i social per dire in tono accorato che Stati Uniti e Cina «hanno il dovere di fronte ai loro due popoli e al mondo intero di gestire responsabilmente la loro relazione». Prima di partire ha spiegato alla stampa americana di aver  chiarito che senza il sostegno della Cina, Mosca «non potrebbe proseguire l’assalto all’Ucraina». L’inviato americano dice di aver comunicato con chiarezza che se Pechino non risolverà il problema (smettendo di aggirare le sanzioni con forniture «doppio uso» civile e militare che hanno permesso a Mosca di rilanciare la propria industria bellica) lo affronteranno gli Stati Uniti, con sanzioni contro aziende e banche russe. Blinken ha denunciato anche le «azioni pericolose» nel Mar cinese meridionale, ricordando a Xi «l’irremovibile impegno americano nella difesa delle Filippine» (proprio in questi giorni sono in corso massicce manovre militari congiunte con 11 mila soldati Usa e 5 mila filippini).  Un accenno anche alla crisi in Medio Oriente:, per ribadire che Pechino «può aiutare a far calmare le tensioni».
In sostanza, Xi e Biden hanno usato toni concilianti, le due parti si danno atto che bisogna proteggere il dialogo, anche se i contrasti strategici restano e sembrano inconciliabili.

Wang Yi ha sottolineato il lato duro della posizione cinese: ha definito «ipocrita» l’accusa sulle forniture «doppio uso» ai russi, rilanciate proprio mentre Washington ha varato un pacchetto di aiuti militari a Kiev da 61 miliardi di dollari.  Taiwan resta «una linea rossa» (anche se non si vedono segnali di accelerazione nelle manovre cinesi nello Stretto). E alle accuse di invasione commerciale sleale, Pechino ribatte che è «una falsa narrativa dell’Occidente, che nasconde l’intento malvagio di frenare il legittimo sviluppo industriale della Cina».

Un paio di settimane fa, ricevendo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, venuto comunque per rinsaldare il colossale interscambio, Xi Jinping ha sostenuto che invece di protestare, America ed Europa dovrebbero essere grati alla Cina che ha aiutato l’economia globalizzata ad abbassare l’inflazione, con le sue auto elettriche, le batterie al litio, le attrezzature fotovoltaiche, che hanno anche il merito di trainare la transizione verde per il contrasto del cambiamento climatico.

E se oggi Xi ha chiesto a Blinken di «guardare alla Cina in modo positivo», nel tentativo di preservare un’apparenza di cooperazione possibile,  a maggio riceverà di nuovo con tutti gli onori Vladimir Putin.

 

fonte: CORRIERE DELLA SERA

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