Papa Francesco: «Ho già preparato la mia tomba a Santa Maria Maggiore»

Il Papa argentino in un’intervista all’emittente tv messicana N+ ha dichiarato: «Non ho per il momento intenzione di dimettermi. Sarà il Signore a dire basta quando lo vorrà»

di Redazione

«Voglio essere sepolto a Santa Maria Maggiore, per la mia grande devozione. La mia grande devozione». Papa Francesco, in un’intervista a Valentina Alazraki trasmessa dall’emittente messicana N+, ha rivelato per la prima volta di aver già scelto la propria tomba: non nelle grotte di San Pietro come tanti predecessori e tutti i pontefici del Novecento, fino a Benedetto XVI, ma nella basilica romana con la quale, ricorda, «c’è un legame molto grande».
Parole che fanno luce su un gesto straordinario, seppure poco notato, che Francesco ha compiuto pochi giorni fa, nel giorno dell’Immacolata. Prima di recarsi in piazza di Spagna, il Papa si è fermato a Santa Maria Maggiore per un atto solenne di omaggio all’icona bizantina di Maria custodita nella basilica, la Salus populi romani, venerata a Roma, che la traduzione popolare attribuiva a San Luca: Bergoglio ha donato una rosa d’oro, simbolo della benedizione papale, un gesto che non si ripeteva da oltre quattrocento anni. È alla Salus populi romani che si riferisce la «devozione» del Papa. Nell’intervista, Bergoglio ricorda che, anche prima di essere eletto, «ci andavo sempre la domenica mattina quando ero a Roma, ci andavo per un po’».

La devozione gesuita
Per il primo Papa gesuita della storia, quella basilica e quell’immagine hanno un significato particolare. Qui, nella cripta della Natività, il basco Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, celebrò la sua prima Messa nella notte di Natale del 1538. I primi missionari gesuiti in Asia portavano con sé l’immagine dell’icona di Santa Maria Maggiore, all’inizio del Seicento padre Matteo Ricci ne donò una copia all’imperatore cinese Wan Li.
All’indomani della sua elezione, Bergoglio andò per prima cosa a pregare davanti all’icona, volle accanto a sé il dipinto nella preghiera solitaria a San Pietro durante la pandemia da Covid, il 27 marzo 2020, e torna a Santa Maria Maggiore prima e dopo ogni viaggio internazionale.

La vecchiaia e il nuovo rituale dei funerali papali

Del resto, Francesco spiega che quando arriva la vecchiaia, e con essa i limiti dell’età, bisogna prepararsi. Per questo, racconta, ha incontrato il cerimoniere e chiesto di semplificare il funerale papale, che sarà molto più sobrio: «Lancerò il nuovo rito, sarà il primo!», considera ironico.
Bergoglio compirà 87 anni il 17 dicembre e sorride alla giornalista che gli chiede: dobbiamo preoccuparci un po’? «Sì, un po’ sì. Ho bisogno che preghiate per la mia salute. E la vecchiaia non arriva da sola. La vecchiaia non si trucca, è sé stessa, si presenta così com’è. D’altra parte, bisogna saper accogliere i doni della vecchiaia. Bisogna accettare che si può fare molto bene da un’altra prospettiva». Ma poi rassicura: «Ora mi sento bene, mi sento migliorato».
Prima dell’estate, Francesco è stato ricoverato due volte al Gemelli, a fine marzo per una polmonite e il 7 giugno per la rimozione di un’ernia nella parete addominale. All’inizio del mese ha dovuto rinunciare al viaggio a Dubai, per la Cop28, a causa di una bronchite. Ora però va meglio: «A volte mi dicono che sono un incosciente perché ho voglia di fare le cose e muovermi. Quindi sono buoni segnali, no? Sto abbastanza bene».

Il nodo delle dimissioni

Inevitabile la domanda sulla possibilità di dimissioni, la porta aperta dal suo predecessore. Francesco ripete che, nonostante i problemi di salute avuti quest’anno, non ha «mai pensato» di dimettersi: «Benedetto XVI era un uomo grande e umile che, quando si è reso conto dei suoi limiti, ha avuto il coraggio di dire basta. Il suo esempio mi fa bene, io chiedo al Signore di poter dire basta in ogni momento ma solo quando Lui vuole». Bergoglio ha spiegato più volte, negli ultimi anni, che «si governa con la testa, non con le gambe» e prenderebbe in considerazione la rinuncia al pontificato solo se si accorgesse di non essere più lucido e non riuscire più a valutare «con chiarezza» le cose. Se mai accadesse, ha spiegato in passato, seguirebbe criteri diversi da Benedetto XVI: si farebbe chiamare «vescovo di Roma emerito» e non Papa emerito, non indosserebbe la talare bianca e non vivrebbe in Vaticano né tornerebbe in Argentina, ma rimarrebbe a Roma per ritirarsi «forse» in San Giovanni in Laterano, «se sopravvivo, vorrei confessare e andare a vedere i malati».

I sassolini nelle scarpe e il rapporto con Benedetto XVI
In ogni caso, Francesco sta già pensando ai viaggi dell’anno prossimo, spiega all’emittente messicana: «Uno è sicuro in Belgio, e ce ne sono due, uno in Polinesia e un altro in Argentina, che sono pendenti: vedremo come andranno le cose». Certo, è vero che vanno organizzati in modo diverso, spiega: «Possono essere più lontani ma vanno ripensati, questi sono i limiti. Ma la vecchiaia ti matura molto, è bello». Alla fine, la giornalista gli fa notare la sensazione che oggi i suoi detrattori «siano diventati più virulenti, più feroci» e anche il Papa si sia «tolto alcuni sassolini dalle scarpe». Francesco replica: «In parte sì». E parla del suo rapporto con Ratzinger, talvolta usato come vessillo dai suoi oppositori: «Il mio rapporto con Papa Benedetto è stato molto stretto. A volte lo consultavo. E lui, con grande saggezza, mi ha spiegato la sua opinione e ha detto “vedi tu”, l’ha lasciata nelle mie mani. Mi ha sempre aiutato. È stato molto generoso. A volte vado a pregare sulla tomba dei papi e passo davanti alla sua. Ma non mi rendevo conto di quante volte mi consigliava, non mi rendevo conto che c’era qualcun altro che mi consigliava. Aveva quella saggezza di fare le cose dando libertà. Ma è lo stesso di prima. Prima lo avevo vicino e ora lo ho lontano, ma con grande naturalezza».

 

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